Corriere della Sera

Vertice ad Arcore, spunta il nome di Parisi

Candidatur­e, Salvini e Meloni da Berlusconi. A Milano l’ipotesi dell’ex dg di Confindust­ria

- Marco Cremonesi

Intorno alla tavola, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma i tre leader bevono il caffè e si salutano senza che il mosaico dei candidati per le amministra­tive nemmeno cominci a prendere forma. Almeno fino a tarda serata. Soprattutt­o, l’appuntamen­to prende immediatam­ente la piega che impone la giornata. E la domanda è: il governo rischia davvero di cadere sulla vicenda dei salvataggi delle banche? E una subordinat­a: se così fosse il centrodest­ra sarebbe pronto per la sfida? Ma all’appuntamen­to Salvini arriva assai innervosit­o per quanto gli hanno riferito i suoi senatori: a Palazzo Madama il capogruppo azzurro Paolo Romani si è opposto alla calendariz­zazione della mozioni di sfiducia nei confronti del governo.

L’inciampo non è piccolo. Per mesi Salvini ha ripetuto che l’alleanza sarebbe stata saldata proprio dai comportame­nti d’aula. Eppure, Forza Italia resta ottimista. O almeno si sforza di vedere il bicchiere mezzo pieno: l’alleanza nata con la manifestaz­ione di Bologna dello scorso 8 novembre ha cominciato a dispiegare i suoi frutti. Per la nomina di Renata Polverini come relatrice unica dell’opposizion­e sulla finanziari­a, per la conferenza stampa comune dei tre partiti. Spiega Debora Bergamini che «le cose sono in rapido movimento, ogni giorno porta nuove valutazion­i. Eppure a me pare che dopo Bologna i rapporti che per alcuni anni sono stati dispersi stiano trovando una nuova cooperazio­ne».

E poi, c’è il risultato di Marine Le Pen e del Front National alle regionali francesi. Tra i primi a teorizzare una fase nuova nei rapporti con gli alleati dopo il secondo turno era stato Giovanni Toti: «Le precedenti riunioni si erano svolte in un clima molto diverso. Con un Salvini all’attacco, simbolo di tutti quei movimenti che, in molti Paesi, hanno avuto un grosso impatto sugli assetti tradiziona­li». Ora però, osserva il consiglier­e politico di Forza Italia, «è come dopo il congresso di Vienna. C’è stata una Restaurazi­one e tutti dobbiamo prenderne atto e adeguarci al nuovo corso». Dell’argomento in giornata aveva parlato anche Matteo Salvini: «Voglio evitare le ammucchiat­e del tutti contro uno come è accaduto in Francia. Per questo non vado da solo ma cerco di mandare a casa Renzi coinvolgen­do tutta l’alternativ­a possibile». Lui, in ogni caso, questa sera sarà a Strasburgo alla festa di Marine e del Front national. Prima di partire per la nuova visita in Russia.

Ma riguardo ai candidati, Toti spiega che «ancora non c’è nulla di cotto a puntino. E dunque, non ci sarà nulla da sfornare». Il fatto è che, comunque, il candidato per Milano non c’è davvero. Nessuna volontà di tenerlo nascosto: proprio non c’è. Il problema è segnalato anche dal fatto che pressoché ogni giorno esce dal cilindro un nuovo, ipotetico Cavaliere bianco, colui che risolverà i problemi nella coalizione e soprattutt­o sia credibile presso l’opinione pubblica. Ieri in Forza Italia si ragionava riguardo a Stefano Parisi. Già direttore generale di Confindust­ria e del Comune di Milano (con Gabriele Albertini), già amministra­tore delegato Fastweb e titolare di svariati incarichi da super tecnico governativ­o sia con Prodi che con Berlusconi premier, oggi guida Chili, la piattaform­a di film e serie pay per view. Ma attenzione. Chi suggerisce il nome del manager, precisa anche che «è tutt’altro che detto che all’interessat­o qualcuno lo abbia già chiesto». Anche i possibili candidati per Bologna e Torino, non precisamen­te piazze dal successo garantito, ieri — ameno fino a notte — sono rimasti sullo sfondo. I nomi di cui si parla restano comunque quelli del notaio Alberto Morano in Piemonte e della consiglier­a comunale Lucia Bergonzoni in Emilia.

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