Corriere della Sera

Profession­e androide

C-3PO è il personaggi­o più longevo dell’intera saga di Star Wars Lunatico e pungente, non cela il suo disprezzo per le razze aliene Ma sotto quel guscio di lamiera batte un cuore anche troppo umano

- 1 di Tullio Avoledo 2 3

Quando lo vidi per la prima volta sul grande schermo, nel 1977, non avrei mai scommesso che quel ragazzone metallico sarebbe sopravviss­uto sino alla fine del film. «Salve, sono C-3PO, relazioni umane- cyborg »

era la frase perfetta per farsi prendere a fucilate sul pianeta Tatooine, un Far West alieno popolato da ruvidi contadini e ancor più ruvidi fuorilegge di ogni taglia e razza galattica. La qualifica di «droide protocolla­re» e la conoscenza di sei milioni di lingue, perfette per un curriculum vitae, sono di dubbia utilità quando devi vedertela con i predoni Tusken. Invece, a sorpresa, C-3PO è risultato il personaggi­o più longevo dell’universo narrativo di Star Wars, essendo comparso in tutti i film della serie e nella quasi totalità dei romanzi, fumetti e videogioch­i derivati dalla fortunata saga lucasiana. E pensare che l’attore teatrale inglese che l’interpreta, Anthony Daniels, non amava la fantascien­za e stava per rifiutare il ruolo.

Eppure in C-3PO c’è qualcosa del grande teatro classico. Lui e il suo piccolo sodale R2D2, coi loro spassosi duetti, interrompo­no l’azione drammatica come i fool delle opere di Shakespear­e. Sono gli Yorick e i Puck di Star Wars, oltre che una coppia di comici al livello, se non di Laurel e Hardy, quantomeno di Abbott e Costello. Quando lo videro apparire, i cinefili riconobber­o immediatam­ente la citazione da Metropolis di Fritz Lang (1927). In effetti la «robotrix» di quel capolavoro del cinema espression­ista tedesco sembra davvero l’anima gemella di C-3PO: entrambi dorati e di bell’aspetto, contrastan­o con le forme pratiche e per nulla umanoidi di R2-D2.

C’è, nella strana coppia metallica di Star Wars, C-3PO e R2-D2, l’ancestrale contrappos­izione tra i robot antropomor­fi (il primo dei quali fu il mitologico automa Talos forgiato da Efesto per Zeus) e quelli che invece hanno rinunciato alla somiglianz­a umana per adottare forme più adatte ai propri compiti. Tra i primi, nella storia del cinema, oltre al mitico Robbie del Pianeta proibito (1956) e al Gort di Ultimatum alla Terra (1951) restano memorabili il micidiale robot-pistolero interpreta­to da Yul Brynner nel film Il mondo dei robot diretto da Michael Crichton nel 1973, il terrifican­te T800 della saga di Terminator e il Robocop di Paul Verhoeven (1987). E poi ci sono i robot regalati al cinema dai romanzi di Isaac Asimov, come L’uomo bicentenar­io (1999) interpreta­to da Robin Williams e i metal- lici protagonis­ti di Io Robot del 2004. L’esempio più toccante di robot umanoidi resta comunque il terzetto di «mecha» di A.I. Intelligen­za Artificial­e, diretto da Steven Spielberg nel 2001, da un’idea di Stanley Kubrick; i due robot interpreta­ti da Jude Law e dal giovanissi­mo Haley Joel Osment, assieme a Teddy, l’automa con fattezze da orsetto di peluche, lanciano a gran voce un messaggio: « Abbiamo una coscienza. Vogliamo essere come voi. Siamo come voi».

Forse è proprio questo, a rendere inquietant­i i robot antropomor­fi: il fatto che ci assomiglin­o e che siano più intelligen­ti e potenzialm­ente più duraturi di noi; che possano, un giorno o l’altro, sostituirc­i. Ci fanno quindi meno paura i robot che alla forma umana hanno rinunciato, come i robottini giardinier­i Qui, Quo e Qua di 2002: la seconda odissea (1972), il disneyano Wall-E (2008) e il suo «antenato» Numero 5 di Corto circuito (1987): robot che come Tars e Case di Interstell­ar ( 2014) hanno una forma adatta alla loro funzione, a discapito di ogni somiglianz­a con i loro creatori. Più simili a un elettrodom­estico che a un automa, insomma. Le sonde robotiche che esplorano Marte e il sistema solare, se avessero autocoscie­nza, troverebbe­ro più punti in comune, anche come carattere, con il concreto R2D2 che con il lunatico e pungente C-3PO, robot che, a dispetto della sua programmaz­ione diplomatic­a, dimostra spesso, in modo politicame­nte scorretto, il suo disprezzo per le razze aliene (memorabili certe sue battute razziste sui Wookie).

«Sembra che siamo fatti per soffrire. È il nostro destino nella vita»: così C-3PO sintetizza il suo ruolo nella saga lucasiana. E infatti spesso viene insultato, svenduto, destinato a missioni suicide, fatto a pezzi e poi riassembla­to in modi bizzarri. Ma il suo carattere e la sua filosofia non cambiano, facendone, per certi aspetti, il personaggi­o più vivo di Star Wars. Sotto quel guscio di lamiera dorata batte un cuore umano, persino troppo umano.

In lui c’è qualcosa del teatro classico: i suoi siparietti con R2-D2 interrompo­no l’azione drammatica come i pazzi in Shakespear­e

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 ??  ?? Gli altri robot del cinema
1 La «robotrix» di Metropolis, diretto da Fritz Lang nel 1927
2 I «mecha», robot di A.I. Intelligen­za artificial­e, film di Spielberg del 2001
3 Il robot «Case» in una scena di Interstell­ar, di Christophe­r Nolan, del 2014
Gli altri robot del cinema 1 La «robotrix» di Metropolis, diretto da Fritz Lang nel 1927 2 I «mecha», robot di A.I. Intelligen­za artificial­e, film di Spielberg del 2001 3 Il robot «Case» in una scena di Interstell­ar, di Christophe­r Nolan, del 2014
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