IMPRONTE AI PROFUGHI ANCHE PER SALVARE SCHENGEN
Èinutile che lo neghiamo: un incrocio tra terrorismo e rifugiati in arrivo in Europa esiste. Non nel senso che i profughi sono terroristi. Al contrario, cacciati dalle loro case e dalle loro vite dal settarismo islamista, se accolti in modo intelligente in Occidente possono essere la base sulla quale costruire un Islam moderno. Tra i rifugiati che entrano nella Ue, però, ci possono essere militanti del Daesh camuffati. Già da questo punto di vista, la decisione della Ue di raccogliere obbligatoriamente le impronte digitali dei migranti ha una sua giustificazione: non è certo una misura risolutiva ma, un mese dopo Parigi, non possiamo permetterci di dimenticare che ogni precauzione va presa.
C’è però anche un altro motivo per il quale identificare i profughi è importante. Come ha sottolineato due giorni fa il presidente Sergio Mattarella, uno degli obiettivi dell’Europa dev’essere la difesa dei suoi spazi di libertà e tra essi quelli di movimento, cioè di Schengen. Se non vogliamo che — ipotesi tutt’altro che improbabile — l’accordo di circolazione libera dei cittadini crolli, dobbiamo rassicurare le opinioni pubbliche che chi arriva trovi un sentiero il meglio organizzato possibile per essere accolto e integrato. E dobbiamo essere certi che ciò avvenga senza creare tensione tra Paesi. La tracciabilità dei movimenti è fondamentale per evitare il caos. Caos che porterebbe al crollo di Schengen e da esso a disastri ulteriori in Europa.
Siamo in un caso di conflitto tra due libertà. Quella di chi arriva e comprensibilmente non ama farsi prendere le impronte digitali e un continente che vuole rimanere senza frontiere interne. Spiegarlo ai profughi ed evitare che i controlli siano ingiustificati e repressivi è probabilmente la chiave per tenere assieme le due libertà.