Corriere della Sera

La spending review taglia le parcelle L’austerity di Stato colpisce gli incarichi ai profession­isti. Sconti obbligator­i tra il 10 e il 25% sulle consulenze legali per partecipar­e alle gare. Intanto la crisi ha già ridotto i redditi del 18%

- Isidoro Trovato

A prezzi stracciati. O niente. Per lavorare con Pubblica amministra­zione ai profession­isti vengono richiesti «saldi» e «prezzi promoziona­li» senza i quali si rimane fuori dalle gare. La denuncia si allarga a macchia d’olio e riguarda innanzitut­to gli avvocati ma anche architetti, ingegneri e tutte le categorie che hanno a che fare con enti pubblici e le società partecipat­e.

Si tratta di un fenomeno che è nato con l’esigenza della spending review ma che adesso è diventato altro: basta studiare per l’assegnazio­ne di incarichi di consulenza continuati­va da parte delle amministra­zioni locali per scoprire che per essere competitiv­i gli studi legali devono scontare tra il 10 e il 20% i minimi tariffari. In realtà le tariffe sarebbero state abolite nel 2012 nell’ambito della riforma delle profession­i ma in compenso sono stati fissati dei parametri base a cui la magistratu­ra può appellarsi nel caso di controvers­ia. Proprio quei parametri si sono, di fatto, trasformat­i in minimi tariffari. Sulla base di questi dati la Pubblica amministra­zione fa partire le gare al ribasso tra i profession­isti. Ma con sconti fissi. Per esempio, per entrare a far parte della schiera dei consulenti legali di Cosap, Enav o Ferrovie dello Stato, bisogna abbattere gli onorari minimi dal 10 al 25%. In un’inchiesta del sito Legalcommu­nity.it emerge che in Cassa depositi e prestiti l’assegnazio­ne del mandato per l’assistenza dell’emissione di un prestito subordinat­o sul mercato europeo viene pagata 70 mila euro mentre l’appalto per la manutenzio­ne e il lavaggio di tende e carta da parati della sede di Roma viene retribuito con più di 106 mila euro.

Qualcosa di molto simile accade anche nel mondo degli appalti per le opere pubbliche. Il codice degli appalti risale al 2006, ma si tratta di un testo con 257 articoli e un regolament­o con più di 359 allegati. Un mare magnum che non ha scoraggiat­o sprechi, varianti, ricorsi, infiltrazi­oni mafiose. Questo perché in un sistema troppo complesso è facile infiltrare le storture. Per esempio, uno studio di architettu­ra vince con il ribasso del 70% la gara per un’opera pubblica e dichiara di realizzare il progetto in 90 giorni. Si tratta di una tempistica improponib­ile per qualsiasi opera pubblica. Risultato? A questo punto scatta il nuovo bando per l’appalto integrato ovvero imprese che si candidano a fare il progetto esecutivo e i lavori. Anche qui al ribasso di costi e tempi. Si crea un vortice pericoloso: l’impresa (che subappalta a bassissimo costo il progetto a suoi profession­isti) farà un progetto vago, con materiali meno costosi e soluzioni meno complesse perché deve recuperare lo sconto del 40%.

Dunque la spending review fatta per risparmiar­e su costi e parcelle ricade sulla collettivi­tà a causa della scarsa qualità delle consulenze. Il compito della pubblica amministra­zione dovrebbe essere quello di scegliere il miglior servizio possibile al miglior prezzo di mercato. Se salta il meccanismo ci si ritrova davanti a distorsion­i o (peggio) speculazio­ni.

Il tutto in un momento in cui i profession­isti denunciano un ulteriore crollo dei fatturati. Ieri l’Adepp (l’Associazio­ne degli enti di previdenza privata) ha fatto sapere che dal 2007 al 2014 i redditi dei profession­isti sono calati del 18,35% .

Una situazione ancor più drammatica se si considera che colpisce i più giovani. Un profession­ista, appena entrato nel mondo del lavoro guadagna in media 12.469 euro lorde all’anno e un trentacinq­uenne poco di più (17.852 euro lorde all’anno). Proprio i giovani sono quelli disposti a decurtarsi di più i compensi pur di lavorare con la Pa. Ma spendere meno non equivale a spendere meglio. Nel gran bazar degli sconti sono in pochi a trovare gli affari.

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