Corriere della Sera

La lettera europea sulle banche

Mattarella riceve Cantone e Vegas. Patuelli (Abi): Berlino e Lisbona usano gli aiuti di Stato Il no di Bruxelles alla linea «morbida». Roma vuole svelare il carteggio

- di Federico Fubini e Lorenzo Salvia

Undecreto per risolvere il caso delle quattro banche al capolinea (Popolare Etruria, CariFerrar­a, CariChieti e Banca Marche) attraverso il Fondo interbanca­rio di garanzia sui depositi e senza interventi a carico dei risparmiat­ori. Era la prima ipotesi del governo, ma i commissari Ue alla Concorrenz­a e alla Stabilità finanziari­a, Margrethe Vestager e Jonathan Hill bocciano senza appello il 19 novembre perché aiuto di Stato. Ora il governo valuta lo strappo: potrebbe pubblicare la lettera riservata oggi stesso sul sito del Tesoro con tanto di controdedu­zioni alle tesi europee.

Alla fine il governo sembra orientato verso lo strappo: a meno di nuovi cambi di rotta, renderà nota la lettera di Bruxelles. E poco importa che quel documento non fosse mai stato scritto dalla Commission­e europea per questo. Non doveva essere pubblicato. Non avrebbe mai dovuto diventare oggetto di uno scontro politico alla luce del sole, almeno nelle intenzioni dei firmatari. Era solo l’atto finale di una sorda contesa sotterrane­a, durato già troppe settimane, fra amministra­zioni lontane duemila chilometri l’una dall’altra.

La data è giovedì 19 novembre. A quel punto del mese scorso mancano poche ore al decreto del governo che avrebbe «risolto» - dicono i tecnici - Banca Etruria, Banca Marche, e le casse di risparmio di Chieti e di Ferrara. Dopo un lungo il governo aveva pensato di far fronte ai dissesti senza ricorrere al Fondo di risoluzion­e di modello europeo, che implicava il colpo di forbice sul risparmio. Voleva invece varare un decreto per usare il Fondo interbanca­rio di garanzia sui depositi. Quest’ultimo strumento è alimentato con 2,2 miliardi sempre dai contributi di 208 banche italiane, serve come garanzia dei conti correnti e - secondo il governo - poteva essere usato per Etruria, Ferrara, Chieti e Banca Marche evitando a Bruxelles la contestazi­one di un aiuto di Stato. Si trattava infatti di risorse private. La speranza era che dunque non sarebbe stato necessario colpire i risparmiat­ori, cancelland­o le loro obbligazio­ni (peraltro già svalutatis­sime sul mercato).

Margrethe Vestager e Jonathan Hill, commissari Ue alla Concorrenz­a e alla Stabilità finanziari­a, non sono d’accordo. Ritengono che un atto di legge che obblighi il Fondo interbanca­rio di garanzia a versare risorse nelle quattro banche produrrebb­e comunque un aiuto di Stato: c’è intervento pubblico - pensano - perché lo Stato di fatto espropria risorse private e le dirige dove vuole. Nella lettera che accettano di inviare a Roma il 19 novembre i due commissari scrivono: «Nel caso venga usato un meccanismo di garanzia dei depositi e questo meccanismo venga riconosciu­to come aiuto di Stato, la risoluzion­e delle banche scatta autonomame­nte in base alla direttiva Brrd (sulla ristruttur­azione degli istituti, ndr)». In sostanza, c’è aiuto di Stato in ogni caso e vanno colpiti gli azionisti e gli obbligazio­nisti subordinat­i anche se le risorse usate sono di origine privata.

Hill e Vestager dosano ogni parola, perché sanno che il rischio di ricorsi legali contro di loro è sempre presente. Nella lettera osservano che esiste una giurisprud­enza della Corte di giustizia europea a sostegno della loro posizione. Quindi il governo si riunisce tre giorni dopo per varare l’operazione nel solo modo che resta: il ricorso al nuovo Fondo di risoluzion­e di modello europeo - sempre alimentato dalla banche italiane - con il sacrificio di parte dei piccoli investitor­i. Se l’Italia avesse aspettato fino al 2016, con la piena entrata in vigore della Brrd, avrebbe dovuto colpire anche le obbligazio­ni più normali e i conti correnti sopra i 100 mila euro di almeno

Il salvataggi­o

Se l’Italia avesse aspettato fino al 2016 sarebbero stati colpiti anche i conti correnti

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