Rai, sì alla riforma Dal nuovo canone 420 milioni in più
Il Senato vara i nuovi assetti, l’ira di Forza Italia e Cinque Stelle. Il 13 gennaio l’assemblea che recepirà le norme in azienda
Il Senato ha approvato ieri sera la riforma della Rai. Manda in soffitta la legge Gasparri e definisce il perimetro della nuova azienda, guidata da un amministratore delegato, Antonio Campo Dall’Orto, che avrà ampi poteri sulle nomine e altre importanti deleghe operative. L’intenzione è di farne un’azienda «normale». Entro gennaio è atteso un ampio ricambio di direttori. Nelle stesse ore, con il varo della legge di Stabilità, arriva a destinazione anche il meccanismo del nuovo canone (100 euro), che finirà nella bolletta, spalmato in dieci rate: secondo uno studio di Mediobanca, il recupero di evasione porterà nelle casse di Viale Mazzini fino a 420 milioni in più (+26%).
ROMA Il Senato ieri ha approvato per alzata di mano la riforma della Rai. È uno strumento molto atteso perché affida all’attuale direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto, i poteri di un amministratore delegato. La tv pubblica, almeno nell’ottica del governo, diventa un’azienda «normale» sottratta alle contrattazioni tra direttore generale e consiglio di amministrazione. Ma Campo Dall’Orto fa sapere di non sentirsi affatto «un uomo solo al comando» e che conterà sul gioco di squadra con la presidente Monica Maggioni e il consiglio di amministrazione per arrivare a scelte che non dividano. Il consiglio di amministrazione del 13 gennaio, convocato con l’assemblea dei soci, procederà alla modifica dello statuto Rai e da quel momento la riforma sarà efficace. È dato per sicuro entro gennaio un vasto ricambio di direttori di rete, testata e canali digitali: un appuntamento attesissimo dall’universo Rai. Archiviata la riforma Gubitosi con le due newsroom, l’informazione giornalistica cambierà comunque con la nomina del nuovo direttore editoriale per l’offerta informativa Carlo Verdelli, che coordinerà il lavoro tra i notiziari e avrà fondamentale voce in capitolo sugli approfondimenti. Per il sottosegretario allo Sviluppo economico e alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, «la Rai diventa un’azienda di servizio pubblico più moderna, più efficiente e trasparente, con un vero amministratore delegato e un cda non scelto dalla Vigilanza, ma da Camera e Senato con candidature pubbliche. Si rafforza il legame con le istituzioni e con il sistemaPaese, non con i partiti». Ovviamente soddisfatto anche Raffaele Ranucci, senatore Pd e relatore della legge: «Con questo provvedimento ora la Rai ha finalmente tutti gli strumenti per essere un’azienda moderna che può concorrere sul mercato televisivo e anche multimediale».
Fortemente ostili, invece, le reazioni da Forza Italia. «Comanda tutto un amministratore delegato scelto dal governo, negando quattro sentenze della Corte costituzionale. Una leggina che sarà stracciata per la sua palese illegalità. Un atto di protervia che sarà la Corte ad abolire», dice l’ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, che ha dato il suo nome alla legge ora riformata. Per Roberto Fico, presidente della Vigilanza, M5S, che interviene su Facebook «non esiste nessuna riforma della Rai. Quella approvata poco fa al Senato è una Gasparri 2.0. È la peggiore legge che si potesse congegnare per il servizio pubblico». Secondo la Federazione nazionale della stampa e l’Usigrai, il sindacato giornalisti Rai, così «l’Italia rischia meno libertà d’informazione»
L’attuale dg Non mi sento un uomo solo al comando Conterà il gioco di squadra con Maggioni e il cda