Chi e come sarà risarcito
Ilcriterio per decidere chi avrà diritto a un rimborso tra i risparmiatori che hanno perso i soldi nelle banche salvate dal governo? «Manifesta incongruità nell’allocazione di portafoglio».
Usa un’immagine biblica, Antonio Patuelli, per descrivere lo stato dell’arte delle regole europee del credito. Presidente dell’Abi, l’associazione delle banche italiane, Patuelli parla di «babele normativa»: aiuti o garanzie di Stato a istituti tedeschi o portoghesi, pesanti perdite per i risparmiatori e costi imprevisti per le banche concorrenti in Italia.
Tutto sembra però essere in punto di diritto.
«Se Lisbona e Berlino possono continuare a garantire denaro pubblico ad alcuni istituti perché i salvataggi erano già partiti in passato, allora chi ha avuto aiuti di Stato può continuare ad averli e chi, invece, non li ha mai ricevuti, si trova la strada sbarrata, oltre a un accesso restrittivo perfino al fondo interbancario. Siamo in una fase di transizione verso l’Unione bancaria europea: abbiamo una vigilanza unica ma non un testo unico continentale. Ci sono fonti di legge sovranazionali e nazionali, con intersezioni normative e senza una completezza della certezza del diritto. L’Unione bancaria deve fare presto passi avanti, definendo urgentemente regole comuni e prassi transitorie. Altrimenti restano le disparità di trattamento».
Quali, dal punto di vista del singolo risparmiatore?
«In Italia si subisce la retroattività di norme europee: chi ha comprato obbligazioni bancarie subordinate anche prima del lancio dell’unione del credito — quando ancora questi bond erano meno a rischio — può oggi averci rimesso, pesantemente. In altri Paesi prevale invece l’ultra attività: se, nel singolo caso, le garanzie di Stato c’erano prima, possono ora continuare a valere».
Almeno i contribuenti italiani non si sono accollati il costo dei salvataggi. O una
Le disparità Serve una parità effettiva nella Ue. I risparmiatori italiani subiscono un trattamento più sfavorevole
parte, visto che gli aiuti versati dal sistema bancario ne ridurranno gli utili e quindi le imposte da pagare.
«Gli oneri del mondo creditizio sono spese obbligatorie, caricate a bilancio, in applicazione di specifiche norme. Sarebbero stati spalmati su più anni se l’Europa non avesse impedito al fondo interbancario di intervenire».
Che cosa chiedete all’Europa? Un maggiore intervento dello Stato nei salvataggi?
«Non chiediamo aiuti pubblici, ma che non ci siano privilegi né discriminazioni. L’Unione bancaria va avanti se c’è una parità effettiva».
Come sono visti gli istituti italiani in Europa, ora che la crisi di Banca Marche, Etruria, CariFe e CariChieti ha acceso i riflettori sul Paese?
«In Europa e nel mondo, in questi ultimi anni di crisi, diverse banche si sono viste recapitare sanzioni e condanne — anche molto pesanti — con l’accusa di comportamenti illeciti. Si tratta di grandi istituti internazionali, ma non italiani. Nei soli Stati Uniti, poi, sono fallite ben 500 banche. Non si può fare di ogni erba un fascio, e considerare il mondo bancario italiano sulla base di quattro istituti salvati. Le faccio un esempio: il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, è appena stato eletto all’unanimità presidente del comitato esecutivo della Federazione bancaria europea. È un attestato di fiducia dell’Europa nell’Italia e nell’Abi».
Ma l’Europa ci bacchetta.
«Ma riconosce anche i nostri punti di forza: agli ultimi esami sulle banche (gli Srep) gli istituti italiani sono risultati più forti di tanti concorrenti all’estero. Nonostante che oltre confine gli aiuti pubblici siano stati più che abbondanti».