Tercas, il salvataggio già realizzato in attesa del via libera dell’Europa
dissesto giunto ormai alla fase terminale, la vita giuridica dei quattro istituti stava per finire. Le parti sane delle quattro aziende avrebbero proseguito la strada come nuove «banche-ponte», ricapitalizzate per 1,8 miliardi da parte del resto delle banche italiane attraverso il nuovo «Fondo di risoluzione» previsto dalle direttive europee. Le parti malate venivano invece separate, addossando loro crediti in default svalutati ad appena il 17,6% del valore teorico. Per coprire le perdite di questo disastro di malagestione e clientelismo sarebbero serviti 1,7 miliardi, sempre forniti dal resto del settore del credito attraverso il Fondo di risoluzione. In più, secondo le regole di questo meccanismo europeo, ci sarebbe stato l’azzeramento di tutte le azioni e di tutte le obbligazioni subordinate delle banche «risolte».
Questo pacchetto, giovedì 19 novembre, era pronto. Prima di approvarlo però il governo italiano presenta un’ultima richiesta alla Commissione: dema
1,7 miliardi di un anno e mezzo fa, per completare il salvataggio di Tercas. Il tutto mentre il 19 ottobre scorso la Commissione europea ha approvato il piano di salvataggio della HSH Nordbank, banca di Amburgo specializzata nel credito navale che, in dissesto finanziario da tempo, sarà oggetto di una liquidazione o di una vendita usufruendo però delle garanzie pari a 3 miliardi dello Stato tedesco.
Da una parte, in Germania, un iter senza ostacoli nonostante l’evidente intervento dello Stato; dall’altra, lungo l’Adriatico, una continua rincorsa per adeguarsi alle richieste di Bruxelles. Adesso, comunque, il salvataggio di Banca Tercas è stato messo in sicurezza. « Sono arrivate le adesioni necessarie, vale a dire un numero di banche del sistema che rappresenti almeno il 95% dei depositi protetti – spiega Salvatore Maccarone, presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi – perché possa costituirsi il cosiddetto schema volontario necessario nel caso in cui la Commissione europea configuri l’operazione di salvataggio operata dalla Banca popolare di Bari nel 2014 come aiuto di Stato». La teramana Banca Tercas – che controlla la pescarese Caripe – nel luglio 2014, in pieno commissariamento, venne salvata dalla Banca popolare di Bari. Che, però, per quel salvataggio si avvalse anche di circa 300 milioni del Fondo interbancario di tutela dei depositi che rappresentavano un contributo obbligatorio del sistema bancario. La Ue, però, nel febbraio 2015 aprì un’istruttoria nei confronti della Repubblica italiana proprio per presunta violazione della disciplina sugli aiuti di Stato. Secondo la Commissione europea, infatti, le