La risoluzione sulla Libia in dirittura d’arrivo
Primo giro a vuoto nei negoziati sulla Libia, cominciati ieri mattina nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I rappresentanti dei 15 Paesi che compongono l’organo di comando dell’Onu potrebbero, però, approvare oggi stesso la risoluzione che avalla politicamente l’accordo raggiunto dalle fazioni di Tripoli e di Tobruk, il 17 dicembre a Skhirat, in Marocco. Le resistenze maggiori erano attese dalla Russia. E così è stato. I diplomatici di Mosca non hanno obiezioni di merito sull’architettura costruita dall’inviato dell’Onu, il tedesco Martin Kobler. Il primo passo sarà la costituzione di un governo di unità nazionale , il Consiglio presidenziale, composto da nove membri: tre per ciascuna regione (Tripolitania, Cirenaica, Fezzan). Il premier dovrebbe essere Fayez Serraj, un deputato del parlamento di Tobruk (est del Paese), ma nato a Tripoli. Ma ieri mattina i russi hanno richiamato l’attenzione dei colleghi sulla lettera firmata dagli attuali organi rappresentativi delle due capitali: il Consiglio nazionale libico di Tripoli e il Parlamento di Tobruk. Il messaggio chiede all’inviato Kobler e allo stesso segretario dell’Onu, Ban Kimoon, di «aspettare di avere un’intesa globale» senza forzare i tempi, come è successo a Skhirat. In sostanza lo schema Kobler non è riuscito a ricomporre la frammentazione tra tribù, città, milizie. Tutte armate. La Russia, dunque, chiede di arrivare a una risoluzione che recepisca l’accordo di Skhirat, incoraggiando l’adesione anche da parte di quei gruppi finora rimasti fuori, o addirittura, ancora ostili al processo di riconciliazione. Tutti, però, Mosca compresa, riconoscono la necessità e a questo punto anche l’urgenza di dare copertura politica internazionale alla pacificazione in Libia. L’avanzata dell’Isis, ormai, è penetrata nel Paese: senza un esecutivo di unità nazionale sarebbe impensabile contrastarla. Il Consiglio di sicurezza sta cercando la formula migliore per riconoscere la piena sovranità di un governo ricostituito in autonomia dai libici, dopo quattro anni di guerra civile. L’Italia non fa parte dell’organismo di vertice dell’Onu, ma sta seguendo molto attivamente. Venerdì 18 dicembre, proprio a New York, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, aveva confermato la disponibilità del nostro Paese a guidare una missione di pace in Libia. «Prima la risoluzione Onu e dopo aspetteremo un cenno dal nuovo governo di Tripoli», aveva aggiunto il ministro. Oggi New York potrebbe fare la sua parte. Poi, Tripoli.