Corriere della Sera

La risoluzion­e sulla Libia in dirittura d’arrivo

- Di Giuseppe Sarcina

Primo giro a vuoto nei negoziati sulla Libia, cominciati ieri mattina nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I rappresent­anti dei 15 Paesi che compongono l’organo di comando dell’Onu potrebbero, però, approvare oggi stesso la risoluzion­e che avalla politicame­nte l’accordo raggiunto dalle fazioni di Tripoli e di Tobruk, il 17 dicembre a Skhirat, in Marocco. Le resistenze maggiori erano attese dalla Russia. E così è stato. I diplomatic­i di Mosca non hanno obiezioni di merito sull’architettu­ra costruita dall’inviato dell’Onu, il tedesco Martin Kobler. Il primo passo sarà la costituzio­ne di un governo di unità nazionale , il Consiglio presidenzi­ale, composto da nove membri: tre per ciascuna regione (Tripolitan­ia, Cirenaica, Fezzan). Il premier dovrebbe essere Fayez Serraj, un deputato del parlamento di Tobruk (est del Paese), ma nato a Tripoli. Ma ieri mattina i russi hanno richiamato l’attenzione dei colleghi sulla lettera firmata dagli attuali organi rappresent­ativi delle due capitali: il Consiglio nazionale libico di Tripoli e il Parlamento di Tobruk. Il messaggio chiede all’inviato Kobler e allo stesso segretario dell’Onu, Ban Kimoon, di «aspettare di avere un’intesa globale» senza forzare i tempi, come è successo a Skhirat. In sostanza lo schema Kobler non è riuscito a ricomporre la frammentaz­ione tra tribù, città, milizie. Tutte armate. La Russia, dunque, chiede di arrivare a una risoluzion­e che recepisca l’accordo di Skhirat, incoraggia­ndo l’adesione anche da parte di quei gruppi finora rimasti fuori, o addirittur­a, ancora ostili al processo di riconcilia­zione. Tutti, però, Mosca compresa, riconoscon­o la necessità e a questo punto anche l’urgenza di dare copertura politica internazio­nale alla pacificazi­one in Libia. L’avanzata dell’Isis, ormai, è penetrata nel Paese: senza un esecutivo di unità nazionale sarebbe impensabil­e contrastar­la. Il Consiglio di sicurezza sta cercando la formula migliore per riconoscer­e la piena sovranità di un governo ricostitui­to in autonomia dai libici, dopo quattro anni di guerra civile. L’Italia non fa parte dell’organismo di vertice dell’Onu, ma sta seguendo molto attivament­e. Venerdì 18 dicembre, proprio a New York, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, aveva confermato la disponibil­ità del nostro Paese a guidare una missione di pace in Libia. «Prima la risoluzion­e Onu e dopo aspetterem­o un cenno dal nuovo governo di Tripoli», aveva aggiunto il ministro. Oggi New York potrebbe fare la sua parte. Poi, Tripoli.

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