Caso Cucchi, scontro sui periti tra famiglia e giudice
I parenti contestano la nomina: non è super partes. I militari intercettati: «Era solo un tossico»
La ritrovata fiducia nella magistratura e i nuovi sospetti. Il consulente della famiglia di Stefano Cucchi, Vittorio Fineschi, rinuncia all’incarico e i parenti del 31enne romano morto sei anni fa non saranno presenti, in conseguenza di questa scelta, all’udienza del 29 gennaio in cui sarà affidata la nuova perizia sulle cause del decesso.
La rinuncia di Fineschi — «che per noi è il caso Cucchi», dice la sorella di Stefano, Ilaria — nasce dalla nomina di Francesco Introna nel collegio di periti del gip Elvira Tamburelli. Il professore dell’istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari non sarebbe figura super partes per i suoi consolidati legami professionali con il team di Cristina Cattaneo, del Labanof di Milano, che ha redatto la precedente perizia. Su quello studio si fonda l’assoluzione di agenti penitenziari, medici e infermieri indagati per le lesioni e le mancate cure nella prima inchiesta (una settimana fa la Cassazione ha disposto un nuovo processo per omicidio colposo contro cinque dei sei medici).
Gli accertamenti da svolgere ora sono pressoché identici ai vecchi controlli, ma indagati nell’inchiesta bis sono cinque carabinieri della stazione Roma Appia: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (lesioni personali aggravate e abuso d’autorità), Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi (per falsa testimonianza e false informazioni al pm).
«Abbiamo massima fiducia nei magistrati — commenta Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi — ma vista la decisione del professor Fineschi, al quale ci legano stima e amicizia, riteniamo opportuno stare a casa». Scelta che, senza la presentazione di un’istanza di ricusazione, non ha effetti pratici: «Ci sono gli elementi — aggiunge — per contestare l’omicidio preterintenzionale».
Nuovi spunti arrivano intanto dalle intercettazioni contenute nell’ultima informativa della Squadra mobile: «Non c’aveva niente, solo che non si drogava, non mangiava e non beveva e il cuore si è fermato», dice nell’ottobre scorso il carabiniere Mandolini al collega D’Alessandro. Il quale risponde sprezzante: «’Sto ragazzo valeva un milione trecentoquaranta mila euro che era un tossico... (il riferimento è al risarcimento ottenuto dalla famiglia Cucchi dai medici ndr) negli incidenti stradali muoiono bambini che possono diventa’ scienziati». E nel timore di essere intercettati, i militari studiavano contromisure. «Ora prendo 4 telefoni e 4 schede intestate a gente amica — dice D’Alessandro — ti chiamo solo con quello lì... sono telefoni di 15 euro intestati a estranei». Per cancellare i messaggi in memoria pensavano invece di scaricare un programma apposito.