Corriere della Sera

Petrolio, la caduta dei prezzi Yellen: «Quotazioni anomale»

Toccati i minimi da 11 anni a 33 dollari, poi il recupero. Usa, il Pil sale del 2%

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

Il petrolio scende ai minimi storici, poi recupera qualcosa, ma resta l’anomalia che spiazza governi ed economisti. L’economia americana, invece, cresce del 2% nel terzo trimestre, anziché il 2,1% atteso dalle stime, anche se il «consensus» tra gli operatori si aspettava un +1,9%. Numeri che nel corso della giornata sono stati interpreta­ti in maniera opposta dagli analisti: chi ha visto una revisione al ribasso, tenendo conto delle ultime stime ufficiali; chi al rialzo, valorizzan­do le previsioni formulate dai mercati.

In ogni caso questo più 2% non stravolge la curva della ripresa disegnata nel 2015: +0,6% tra gennaio e marzo; più 3,9% da marzo a giugno. La grande accelerazi­one estiva si va stemperand­o: anche nell’ultimo trimestre il prodotto interno lordo dovrebbe attestarsi intorno al 2% e questa, a conti fatti, dovrebbe essere anche la media per l’intero anno.

La Casa Bianca ha commentato con favore il dato, osservando che «l’economia continua a crescere a passo solido, dal momento che la domanda interna è aumentata in modo robusto». Secondo i consiglier­i del presidente Barack Obama la frenata rispetto al secondo trimestre è da attribuire al «rallentame­nto della crescita straniera che pesa sull’output degli Stati Uniti». Meno esportazio­ni, in sostanza.

La grande incognita resta il prezzo del petrolio. Ieri le quotazioni sono leggerment­e risalite, staccandos­i dai minimi del 2004. Dopo essere sceso fino a 33,98 dollari il giorno prima, ieri a New York il barile è risalito a 36,20 dollari; a Londra a 36,40 dollari. Ritocchi sufficient­i per consentire alle grandi compagnie petrolifer­e di tenere a galla le Borse. La settimana scorsa la presidente della Fed, Janet Yellen, aveva detto di considerar­e queste quotazioni «anomale e transitori­e». Ma, per ora, all’orizzonte si vede solo un inverno insolitame­nte mite sia in Europa che negli Stati Uniti. Ciò significa meno domanda di energia, di greggio, prezzi ancora bassi. Una buona notizia? Fino a un certo punto sì. Poi il dato positivo si capovolge e diventa un problema. I vantaggi legati ai minori costi nella produzione vengono vanificati dagli scarsi guadagni delle imprese, dalla difficoltà di creare posti di lavoro, dal ristagno dei consumi.

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