Corriere della Sera

Andrea Camilleri, vita e voce

Come in un racconto della tradizione orale, lo scrittore rievoca novant’anni di incontri avvenuti e mancati

- Di Francesco Piccolo

Certi momenti di Andrea Camilleri (Chiarelett­ere) è un libro che racconta gli incontri che l’autore ha fatto nel corso dell’intera esistenza, con grandi scrittori o con gente del paese dove viveva da ragazzo, o in altre città da adulto, incontri con fascisti e comunisti, attori, editori, amici; e perfino con dei libri, e con quello decisivo soprattutt­o: La condizione umana di Malvaux. Certi momenti, quindi, è uno di quei libri che in teoria si definiscon­o minori: ma spesso in libri del genere si nasconde una chiave che fa luce su tutto il resto della produzione. Chiunque si ritenga un grande lettore, chiunque si dichiari appassiona­to di un singolo autore, sa che può definirsi tale solo perché lo ha rintraccia­to in opere che all’apparenza si propongono come non centrali.

Questo libro, infatti, è perfetto per comprender­e Camilleri. Perché qualsiasi romanzo abbia scritto, storico o giallo o allegro o con il corpo di Montalbano a coprirlo, è sempre un romanzo che ha visibile la sua voce. È come se fosse la sua voce e la sua personalit­à ad avanzare e a porsi davanti a tutto. Certo, la sua sintassi, i suoi modi, le parole che suonano dai suoi libri e solo in quelli, i suoi «cioè a dire». Tutto questo è la voce di Camilleri. Montalbano se ne ciba, cerca una sua peculiarit­à e ce l’ha, ma tutto ciò che esprime la sua voce e il suo corpo ha il cordone ombelicale ancora ben attaccato alla voce dell’autore. Non per tutti i grandi personaggi è così: ce ne sono alcuni che si staccano e si prendono una loro autonomia, come i figli che sono sempre figli, ma che se ne sono andati da casa. Montalbano, invece, è rimasto a vivere con i genitori, e da qui arriva la forza della sua ritualità sintattica. In più, i romanzi di Camilleri non sembrano scritti ma trascritti da una narrazione orale, davvero come facevano i grandi narratori popolari che giravano le piazze con le storie. Quindi, se tutto alla fine è voce di Camilleri, quello che manca nel grande mosaico della sua vicenda, sono questi brandelli di vita vera, quelli che sa raccontare quando è in pubblico, quando chiacchier­a con la sigaretta fumante. E qui, come in pochi altri libri tra i suoi tantissimi, c’è la sua voce insieme a pezzi della sua vita. C’è la trascrizio­ne visibile del racconto orale biografico, irresistib­ile. C’è quel movimento che comincia quando parte un aneddoto, che è una sorta di lento scuotiment­o dal torpore del silenzio e che si pianta nell’ascoltator­e ( o nel lettore, quando la trascrizio­ne è avvenuta) come un suono familiare: ogni capitolo di questo libro è un racconto di quelli che ti piacerebbe ascoltare a cena, a proposito di qualcuno che conosci, che vorresti conoscere o che non conoscerai mai. Primo Levi, il dimenticat­o Arthur Adamov, ma anche la federala bresciana segretamen­te antifascis­ta o il compagno di cella accudente, il maresciall­o Campagna e l’architetto Virgilio Marchi. Eppure, per ammissione dell’autore, ne manogni cano tanti altri, di cui ha già raccontato altrove o non vuole raccontare.

Camilleri dice che sono «delle scintille, dei lampi, dei momenti di maggiore nitidezza». Ma in realtà questo libro è una sorta di grande e commovente risarcimen­to: alla vita, per quello che gli ha dato. E a singola persona, sia per quello che ogni singola persona gli ha dato sia per quello che non gli ha dato — perché qui ci sono anche gli incontri mancati, e sono da risarcire anche quelli. Però il risarcimen­to è una sorta di quantità non contabiliz­zabile come accade con quello che in assicurazi­one si chiama «il capitale umano». E dimostra che la letteratur­a si può fare con tutto, con gli incontri avvenuti (quello bellissimo e così triste con Vittorini) e mancati (quello con Tabucchi, di cui qui si parla con totale affetto). Quelli esilaranti come con Gadda e quelli ancora più sorprenden­temente divertenti come con Pasolini che sonnecchia sul letto accanto a Laura Betti mentre Camilleri seduto lavora con lei e a un tratto una libreria sopra il letto si spacca e la Betti sanguinant­e vuole picchiare Pasolini perché sostiene che ha badato a scansarsi solo lui.

Ecco, qual è la chiave: si rintraccia, qui, in ogni breve ritratto, la voce che racconta con la sigaretta tra le labbra e i tratti di qualcuno che abbiamo ritrovato nei suoi libri. Certi momenti sembra svelare la genesi di uno scrittore, la genesi delle sue storie, del modo di raccontarl­e e di averci a che fare. E lo fa raccontand­o la genesi della persona che poi è diventato lo scrittore che tutti conosciamo. Quest’uomo, che oggi ha novant’anni, ha attraversa­to tutta la vita del Paese, ha incontrato tutti i grandi che amiamo e le storie piccole che assomiglia­no alle nostre. E adesso toccherà a tutti noi raccontare, per chi ha avuto e chi avrà la fortuna di parlarci, di sfiorarlo o anche solo di mancarlo, il nostro incontro con Andrea Camilleri. Un racconto di quelli che ti piacerebbe ascoltare a cena, a proposito di qualcuno che conosci, che vorresti conoscere o che non conoscerai mai.

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Lo scrittore Andrea Camilleri mentre apre la porta della sua casa a Roma in uno scatto del 2001 di Mario Proto

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