Corriere della Sera

«Non fece la spia e fu picchiato»

- di Giovanni Bianconi

«Nonvolle fare la spia e venne picchiato», lo dice un dossier sul caso di Stefano Cucchi, il 31enne romano morto sei anni fa in seguito alle percosse subite. Nuova perizia sulle cause del decesso.

C’è un possibile movente del «violentiss­imo pestaggio» subito da Stefano Cucchi, nelle carte dell’inchiesta bis che ha portato all’accusa contro tre carabinier­i per le lesioni e altri due per falsa testimonia­nza. Ai militari-investigat­ori che cercavano informazio­ni sulla droga venduta (provenienz­a, fornitori, nascondigl­i), il trentunenn­e morto dopo una settimana di reclusione oppose un silenzio che potrebbe essere la causa delle percosse. Lo ha rivelato un nuovo testimone, ascoltato per la prima volta dalla Procura di Roma nel novembre 2014: Luigi L. ha 46 anni, è un ex detenuto che incontrò il geometra (tossicodip­endente-spacciator­e) nel centro clinico di Regina Coeli all’indomani dell’arresto; a confidargl­i la ragione delle botte, dice, fu proprio Stefano.

«Io ero detenuto nella cella numero 3 al reparto Medicina — ha raccontato al pubblico ministero Giovanni Musarò —. Quando arrivò Cucchi lo vidi passare con la “zampogna” (cioè con gli effetti forniti dall’amministra­zione penitenzia­ria: una bacinella, una coperta, lo spazzolino, eccetera). Ricordo che si fermò davanti alla guardiola e io, quando lo vidi, immediatam­ente gli chiesi: “Chi ti ha ridotto così?”. Cucchi alzò gli occhi al cielo e non mi rispose; forse ebbe paura a rispondere davanti all’agente della polizia penitenzia­ria, ma ritengo che fosse una paura infondata. Aveva il viso tumefatto... era evidente che era stato picchiato. Aveva tutto il viso gonfio, anche all’altezza del naso. In passato ho visto tante persone picchiate, ma non avevo mai visto nulla del genere».

Il giorno successivo i due si incontraro­no di nuovo, e Luigi L. tornò a fare domande: «Ricordo che non riusciva quasi a parlare, né a prendere il caffè, per come era ridotto. Aveva un forte dolore all’altezza della guancia destra... Aveva dolori dappertutt­o. Io in passato ho avuto diversi problemi con la polizia penitenzia­ria, per cui dissi a Cucchi che se era stata la Penitenzia­ria a ridurlo in quelle condizioni noi avremmo fatto un casino... Cucchi mi rispose che era stato picchiato dai carabinier­i all’interno della prima caserma da cui era transitato nella notte dell’arresto. Aggiunse che era stato picchiato da due carabinier­i in borghese, mentre un terzo, in divisa, diceva agli altri due di smetterla».

Testimone attendibil­e

Ed eccoci al motivo del pestaggio: «Quando mi disse di essere già comparso davanti a un giudice, io gli chiesi la ragione per la quale non avesse denunciato in aula quanto accaduto, ma lui rispose che non l’aveva fatto perché dopo l’udienza sarebbe stato preso in carico nuovamente dai carabinier­i che lo avevano arrestato, i quali, se avesse denunciato, lo avrebbero picchiato di nuovo. Chiesi a Cucchi quale fosse stata la ragione di un pestaggio così violento e lui rispose: “Perché, non lo sai? E che dovevo fare, tu l’avresti fatto?”. A quel punto compresi cosa intendeva dire e gli chiesi se gli avessero proposto di fare la fonte confidenzi­ale ( la “spia”) e lui aveva rifiutato; il Cucchi mi fece intendere che le cose erano andate così e rispose: “Più o meno è andata come dici tu”. A quel punto gli feci i compliment­i e gli dissi: “Per me sei stato un grande”».

Aggiunge il testimone che quando gli chiese di mostrargli i segni del pestaggio, Stefano «si tolse la maglietta; restai impression­ato, sembrava una melanzana. In particolar­e faceva impression­e la colonna vertebrale, che era di tanti colori (giallo, rosso, verde); aveva ecchimosi dappertutt­o».

Per gli inquirenti Luigi L. è attendibil­e: altre persone hanno confermato i particolar­i riferiti, ma soprattutt­o il testimone — si nota nell’informativ­a firmata dal capo della Squadra mobile Luigi Silipo, allegata alla richiesta di incidente probatorio — «faceva riferiment­o a una circostanz­a che, nel momento in cui rendeva A Regina Coeli Non avevo mai visto nessuno ridotto in quelle condizioni: aveva ecchimosi dappertutt­o e non riusciva a parlare né a prendere il caffè

La confession­e Mi disse di essere stato malmenato da due carabinier­i; capii che volevano facesse il confidente. “Sei stato un grande” gli risposi la dichiarazi­one, era ignota: il fatto che Cucchi avrebbe avuto un contatto diretto con due carabinier­i in borghese». Un dettaglio svelato solo dalle nuove indagini; i due in borghese non comparivan­o nemmeno nei verbali d’arresto, non erano stati interrogat­i durante la prima inchiesta né al processo, e ora sono fra i nuovi indagati.

L’intercetta­zione

L’ipotesi che da Cucchi i carabinier­i volessero informazio­ni non deriva soltanto dal successivo ritrovamen­to, nella casa dove abitava da solo (sconosciut­a agli investigat­ori), di un etto di cocaina e un chilo di hashish. In un’intercetta­zione telefonica del luglio scorso il maresciall­o Roberto Mandolini — all’epoca dei fatti comandante della stazione dei carabinier­i Roma Appia, ora indagato per falsa testimonia­nza — rivela a una sua interlocut­rice che Cucchi in altre occasioni era stato collaborat­ivo con i carabinier­i: « Perché qualche nome gliel’ha fatto, e gli ha fatto fare altri arresti». Un particolar­e che Mandolini non riferì al processo, come tacque su altri dettagli che gli avrebbe riferito Cucchi; per esempio i presunti cattivi rapporti tra Stefano, i genitori e la sorella «che da due anni non gli faceva vedere i nipotini».

Se le parole del maresciall­o rispondess­ero a verità, e quindi se in passato Cucchi abbia fatto il confidente, rafforzere­bbero l’ipotesi che i carabinier­i pretendeva­no da lui nuove informazio­ni; soprattutt­o dopo l’inutile perquisizi­one a casa dei genitori. Altrimenti Mandolini (che poteva immaginare di essere intercetta­to) può aver tentato di screditare la figura del detenuto morto. Certamente il padre e la madre di Stefano, scoprendo che era ricaduto nel giro della droga, poterono apparigli adirati e ostili. Con la conseguenz­a di provocare qualche atteggiame­nto violento da parte di Cucchi nei confronti dei carabinier­i, come raccontano i nuovi indagati in qualche recente intercetta­zione. Con successiva reazione. Ma all’epoca nulla di tutto questo fu scritto nei verbali, né resistenze né altro. Perché?

Solo Mandolini e i suoi colleghi possono sciogliere questi retroscena, ma quando sono stati convocati da inquisiti in Procura hanno preferito non rispondere alle domande del pm. Com’è loro diritto.

 ?? (Photomasi / Karma press) ?? La sorella Ilaria Cucchi, ha 41 anni, due figlie e lavora come amministra­trice di condominio. Da anni si batte per rendere giustizia al fratello Stefano
(Photomasi / Karma press) La sorella Ilaria Cucchi, ha 41 anni, due figlie e lavora come amministra­trice di condominio. Da anni si batte per rendere giustizia al fratello Stefano

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