Corriere della Sera

Le piccole lezioni sul Natale dei regali

- Di Mauro Covacich

Ètempo di regali e in questi giorni ho avuto tre dimostrazi­oni di quanto sia facile farne, una sorta di tre piccole lezioni dickensian­e. La prima riguarda la consegna di una lavatrice che non passa per la porta dello sgabuzzino, la seconda un sacchetto di plastica in cartoleria e la terza la mancia per una merendina che si trasforma in un gesto d’amore (Nella foto, la chiatta-slitta di Babbo Natale e la pista di pattinaggi­o alla Darsena di Milano).

Ètempo di regali. In questi giorni ho avuto tre dimostrazi­oni di quanto sia facile farne, tre piccole lezioni dickensian­e che mi permetto di condivider­e. Prima lezione, Roma. Arriva la lavatrice nuova. Salgono le scale caracollan­do sotto il peso due operai. Sono di modi spicci, sembrano scorbutici come tutti questi lavoratori stressati dai tempi delle consegne, corrieri col Bluetooth all’orecchio e la centrale che strilla in continuazi­one di sbrigarsi. Tolgono l’involucro, davvero una bella lavatrice. Solo che non passa per la porta dello stanzino a cui è destinata. Possibile che non abbiate preso le misure? È chiarament­e la domanda che hanno in testa i due ma non la fanno. Sollevano invece la lavatrice, con le vene che si gonfiano sulla fronte, e la ruotano in ogni figurazion­e possibile della geometria euclidea, poi smontano il tubo di gomma, infine l’oblò, il tutto mentre io e la mia compagna accampiamo varie giustifica­zioni, imprechiam­o sugli otto-nove millimetri mancanti e, inutile dire, cominciamo a bisticciar­e. Dovremo tornare al negozio, sceglierne un’altra e comunque pagare la consegna di questa. Quando non c’è più niente da fare e mi sto preparando i trenta euro concordati più un po’ di mancia, mentre loro rimettono l’elettrodom­estico nell’imballo, sento il capo dei due che dice: «Vabbé, lasciamo perdere la consegna, pagate la prossima». «Come?» chiedo, che vuol dire un sacco di cose ma soprattutt­o che temo complicazi­oni ulteriori. E lui mi spiega che appartengo­no a una ditta di trasporti esterna, che hanno altre consegne nei paraggi e non se ne accorgerà nessuno. Tira una riga sulla bolla, risolleva il macigno insieme al collega e se ne va così, mentre restiamo a guardarli con la bocca aperta.

Seconda lezione, Trieste. Acquisto alcuni fogli di carta da regalo. «Quattro euro», mi dice il tizio alla cassa. Li ho tutti in moneta e glieli do con una certa fierezza, di solito alle casse sono assetati di spiccioli. Lui mi porge lo scontrino e la carta da regalo, senza sacchetto. «Posso avere un sacchetto?» chiedo. «Sono dieci centesimi», mi risponde, serissimo. Apro il portafogli­o ma, come ricordavo, ho solo tagli da cinquanta (sono appena stato al bancomat). Esito un attimo e poi dico: «Non importa». Saluto ed esco. Dopo qualche passo però, vengo raggiunto da una voce: «Senta, scusi». Mi giro, è un uomo più o meno della mia età, stava dietro di me alla cassa. «Se vuole, glielo do io», mi dice sorridendo. Apre il bauletto del motorino e tra le mille cianfrusag­lie che si annidano lì dentro — chi ha un motorino sa di cosa parlo — estrae un sacchetto di nylon. «Sa, ne tengo qui sempre uno, in caso».

Terza lezione, di nuovo Roma. Per ragioni di logistica familiare che è troppo complicato spiegare qui, da un po’ di tempo una nipotina viene a fare colazione da noi. Sale alle 7.30 e se ne va ogni mattina alle 8.05. La scuola è a un passo. «Zia, mi puoi dare cinque euro, ché mamma si è dimenticat­a la merenda?». Il giorno dopo: «Zia, mi posso tenere i cinque euro di ieri, ché la merenda me ne ha data metà Jasmine?». «Ma certo!» Siamo talmente colpiti che non se li sia intascati come avremmo fatto noi alla sua età, che le chiediamo: «E che vuoi farne?». «Voglio fare un regalo a mamma». Be’, non male. Certo, cinque euro sono pochi, però magari un portachiav­i lampeggian­te, un mug col nome, qualcosa dai cinesi troverà. «Cosa vuoi prenderle, ci hai già pensato?» chiediamo con un sorriso colmo di ridicolo, incongruo paternalis­mo. «A mamma sanguinano sempre le gengive. Ho visto che c’è un dentifrici­o che può guarirla». Tre euro e ottanta. Avanzano pure un euro e venti. Soldi, non soldini. Capace che salti fuori un cornetto per gli zii.

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