Corriere della Sera

Onu, risoluzion­e sulla Libia La scommessa dell’Italia

La risoluzion­e approvata ieri apre la strada a un impegno internazio­nale

- Di Giuseppe Sarcina e Paolo Valentino

C’è la scommessa dell’Italia nel via libera dell’Onu alla risoluzion­e sulla Libia. Il Consiglio di Sicurezza l’ha approvata ieri all’unanimità. Il testo riconosce l’accordo firmato dalle fazioni di Tripoli e Tobruk lo scorso 17 dicembre a Skhirat, in Marocco. I venti punti del documento indicano quale dovrà essere la prospettiv­a della Nuova Libia. Entro il 17 gennaio l’esecutivo di transizion­e, il Consiglio di Presidenza, dovrà formare un governo di unità nazionale con sede a Tripoli. Vuol dire ricondurre le milizie, le città fortezza, le 140 tribù sotto il tetto di uno Stato finito in frantumi nel 2011.

Un paio di correzioni suggerite dai diplomatic­i russi e poi via libera alla risoluzion­e sulla Libia. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu l’ha approvata all’unanimità nella serata di ieri. Il testo riconosce, innanzitut­to, l’accordo firmato dalle fazioni libiche di Tripoli e Tobruk lo scorso 17 dicembre a Skhirat, in Marocco.

I venti punti del documento indicano quale dovrà essere la prospettiv­a della Nuova Libia. Entro il 17 gennaio l’esecutivo di transizion­e, il Consiglio di Presidenza, dovrà formare un governo di unità nazionale con sede a Tripoli. È il passo più difficile: vuol dire ricondurre le milizie, le 140 tribù sotto il tetto di uno Stato finito in frantumi nel 2011 con la cacciata di Gheddafi. L’accordo di Skhirat ha seminato divisioni. Si stima che almeno la metà dei deputati sia contraria, tanto nel Consiglio nazionale libico di Tripoli, dominato dagli islamisti, quanto nel Parlamento di Tobruk, l’unico riconosciu­to a livello internazio­nale. I rappresent­anti dei due organismi rivali hanno inviato una lettera al segretario dell’Onu, Ban Kimoon per lamentare di essere stati tagliati fuori dall’intesa di Skhirat. La diplomazia russa ha ottenuto di discuterne nella riunione ristretta del Consiglio di sicurezza, tra i cinque membri permanenti (Stati Uniti, Cina, Francia, Gran Bretagna e appunto Russia). Risultato: una versione più morbida del punto 5 della risoluzion­e, dove si invitano «tutti i protagonis­ti» della crisi libica a «impegnarsi in modo costruttiv­o» con le nuove istituzion­i nazionali.

In questa prima fase il punto di riferiment­o sarà l’inviato Onu per la Libia, il tedesco Martin Kobler. Il Consiglio di Sicurezza «si appella a tutti gli Stati membri affinché sostengano gli sforzi per dare efficacia al governo di unità nazionale». Il ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni, ieri, ha subito telefonato al premier designato, Fayez al Serraj, assicurand­o che l’Italia «è pronta a sostenere l’accordo di concordia nazionale secondo le necessità che verranno manifestat­e dal popolo libico».

Nello stesso tempo, però, la comunità mondiale insiste su un passaggio fondamenta­le: non ci possono essere alternativ­e al percorso individuat­o a Skhirat. Ecco allora che sempre al punto numero 5 si legge: «Si fa appello a tutti gli Stati membri a interrompe­re ogni azione di sostegno con le istituzion­i parallele che rivendican­o un’autorità legittima al di fuori del quadro delineato dall’Accordo». Qui si chiede a Egitto ed Emirati di interrompe­re i collegamen­ti con Tobruk e a Turchia e Qatar di fare altrettant­o con Tripoli. Ci sarà, poi, il problema di riportare sotto il controllo del nuovo governo l’esercito del generale Haftar, oggi di stanza a Bengasi e largamente appoggiato dal presidente egiziano, Al Sisi. Qualsiasi missione internazio­nale, umanitaria o militare, dovrà essere sollecitat­a da Tripoli. È scritto con chiarezza nella risoluzion­e, a scanso di equivoci.

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