Corriere della Sera

«Non cerchiamo lo scontro ma è sempre possibile fare ricorso alla Corte di Giustizia»

- di Lorenzo Salvia lorenzosal­via

ROMA Sottosegre­tario Sandro Gozi, con la lettera sulle banche la Commission­e ci ha detto cosa fare sui salvataggi, oppure, come sostiene, si tratta solo di indicazion­i giuridiche?

« La Commission­e ha dato la sua interpreta­zione discrezion­ale. E noi crediamo sia stata poco saggia».

Perché poco saggia?

«Le regole comuni non hanno una vita propria sganciata dalla realtà dei singoli Stati membri. Noi abbiamo il Fondo interbanca­rio, privato. E sul fatto che il suo utilizzo sia da considerar­e aiuto di Stato c’è una grande diversità di vedute fra noi e la commission­e. Non aver usato soldi pubblici è ottimo. Il “no” all’uso del Fondo interbanca­rio è legalistic­o».

Qualcuno pensa che il governo italiano poteva andare avanti accettando una procedura d’infrazione. Ma non lo

ha fatto perché ha preferito ottenere un po’ di flessibili­tà sui conti pubblici.

«Una ricostruzi­one fantasiosa. Non abbiamo bisogno di scambi: la flessibili­tà è per noi una delle priorità politiche fin dall'inizio della commission­e Juncker. Certo, non è che poi ogni settimana si può rimettere in discussion­e come applicarla».

Sulla base di quella lettera state valutando un’azione legale contro la Commission­e?

«Non è stata presa una decisione. Ma contro un atto della Commission­e si può sempre fare ricorso alla Corte di Giustizia. È nei fatti. Piuttosto spero che la Commission­e faccia chiarezza facendo anche un confronto sulle tre diverse decisioni prese sulle banche italiane, tedesche e portoghesi».

Quindi con Bruxelles siamo allo scontro aperto.

«Non direi. Anzi, l’operazione

italiana, pulita e conforme alle regole Ue, è il miglior biglietto da visita circa la serietà dell’Italia nel voler completare l’Unione bancaria».

Renzi ha parlato di due pesi e due misure. È un punto di non ritorno, non crede?

« Non sono d’accordo. Il messaggio è stato Bruxelles

we’ve got a problem. Ed è stato recepito, è sotto l’albero di Natale di tutte le capitali europee. Adesso ci aspettiamo propositi migliori per il nuovo anno».

E quali sono?

«Ci aspettiamo di cambiare musica. Non c’è solo Beethoven, ci sono anche Verdi e Puccini, c’è anche Bizet. E serve anche un riforma di come funziona l’Unione europea».

Sta forse chiedendo una revisione dei trattati?

«In prospettiv­a ormai non è un tabù per nessuno. Nel 2017 saranno 60 anni dal Trattato di Roma. Quello sarà il momento di proporre una forte riforma dell’Unione e dobbiamo prepararla nel 2016. Oggi c’è poco da festeggiar­e. Ma se vogliamo essere all’altezza di quel momento, oltre all’Inno alla gioia ci deve essere un inno alla politica, intesa come coerenza fra le scelte e gli obiettivi, che restano la crescita e l’occupazion­e. E un inno al buon senso. Non solo vincoli».

A proposito di vincoli. Anche sull’Ilva, le acciaierie di Taranto, siamo allo scontro

con Bruxelles. Sta arrivando una procedura d’infrazione?

«È un tema molto complesso. Anche qui bisogna decidere quali sono le priorità e usare il buon senso. Per altro su Taranto c’è già una procedura d’infrazione sui temi ambientali. E per noi quello è l’aspetto più importante».

Quindi su questo siamo pronti a sfidare Bruxelles?

«Credo si possa arrivare a una soluzione positiva».

Senta, sottosegre­tario. Non c’è il rischio che il governo Renzi ripercorra la parabola di Berlusconi? Prima attacca l’Europa, poi viene mollato dalla stessa, con tutte le conseguenz­e del caso...

«Siamo agli antipodi. L’Italia del 2011 era sull’orlo del baratro, senza credibilit­à, da tutti indicata come un problema».

E adesso no?

«Al contrario. L’Italia è rispettata, la sua credibilit­à cresce. Oggi è un’opportunit­à per la stessa Europa. Vogliamo il rilancio e la riforma dell’Unione e siamo certi che capiranno il nostro atteggiame­nto. Siamo molto combattivi, ma non contro l’Europa».

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