Corriere della Sera

L’addio a Batani, l’imprendito­re del Grand Hotel amato da Fellini

- Agostino Gramigna

Non è morto con la corona in testa. Ed era di origini molto popolari. Ma Antonio Batani nel suo regno romagnolo una sorta di principe lo era davvero. Il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, l’ha ricordato come il «re dei cinque stelle». Il più grande albergator­e della Riviera. Nato a Bagno di Romagna settantano­ve anni fa, Batani si è sentito male due giorni fa nell’ufficio del Grande Hotel di Rimini, quello reso celebre in tutto il mondo da Federico Fellini nel film Amarcord, acquistato per 65 milioni di euro nel 2007. Con il tempo Tonino, come era conosciuto in Riviera, ha costruito un impero di alberghi lussuosi, tra Cervia e Milano Marittima, Rimini e Cesenatico. Il mestiere l’ha appreso in Svizzera. A quattordic­i anni se ne andò a Sankt Moritz e lavorò come cameriere. Ma la Romagna lo aspettava. Così quando in un giorno del 1957 decise di fare rientro a casa, prese in affitto la pensione «Delia» a Cervia e sposò Luciana Perugini. Oggi la catena di alberghi di famiglia (dodici, compreso il Grande Hotel) fa capo alla Select Hotels. Tonino conosceva uno ad uno tutti i dipendenti dei suoi alberghi, curava e controllav­a di persona ogni menu, si svegliava all’alba e terminava di lavorare solo dopo aver fatto il giro delle sue creature. Era sempre allegro. Il suo ottimismo non diminuì nemmeno quando gli fu tolto il titolo di Cavaliere del Lavoro per una storia di fisco legata all’acquisto dell’hotel felliniano. Fu accusato di aver «nascosto» sette milioni nell’operazione. Ne uscì pulito, riuscendo a dimostrare la sua innocenza. Ma non ebbe indietro il titolo. Gli resta quello che gli ha dato il sindaco di Rimini: «Re dei cinque stelle della Riviera romagnola».

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Antonio Batani, proprietar­io del Grand Hotel di Rimini

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