«Soffro, sono stanco» L’ultimo messaggio del reduce di Nassiriya
Identificò i caduti. «Ucciso dall’uranio»
C’erano 40 gradi all’ombra e c’erano quei poveri corpi da mettere assieme. «Qualcuno doveva pur farlo» raccontò poi il maresciallo incursore dell’aeronautica Gianluca Danise. Lo fece lui: ricompose e identificò ad uno ad uno i resti dei suoi colleghi dilaniati dall’attentato alla Base Maestrale di Nassiriya, in Iraq. Era il 12 novembre del 2003.
Due giorni fa Gianluca Danise, napoletano d’origine, è morto in un ospedale di Verona. Aveva 43 anni e dal 2010 il suo unico nemico era un tumore. All’Osservatorio nazionale per la tutela del personale delle Forze Armate sono certi che l’origine del suo male sia stata l’esposizione all’uranio impoverito. E non a caso. La contaminazione, è convinto il
Frasi amare: «Soffro perché non riesco ad andare al supermercato, perché ho voglia di mangiare cose che non posso e non potrò mai più assaporare» coordinatore Domenico Leggiero, è legata alle missioni estere di Gianluca, dall’Afghanistan a Gibuti, dall’Iraq al Kosovo. Le stesse missioni durante le quali i soldati degli altri Paesi arrivavano con le tute protettive mentre i nostri si muovevano con le divise ordinarie. «Umiliato e offeso dalle istituzioni», dice Leggiero, «Danise non è nemmeno riuscito a ottenere la pensione giustamente maturata». E ricorda che il maresciallo «è stato l’unico militare malato per l’uranio impoverito che ha ricevuto una telefonata dal ministro della Difesa».
Gianluca cominciò a stare male di ritorno dalla sua seconda missione afghana. I cicli infiniti di chemio e radioterapia, il fisico sempre più debole, i periodi buoni che lo autorizzavano a sperare e poi le ricadute, di nuovo dolore nelle sue giornate. A una sorta di sito-diario ha affidato l’angoscia per sua moglie Stefania e per la figlia, che oggi ha un anno e alla quale ha chiesto che fosse lasciata la sua sciabola. A Stefania ha lasciato invece le sue medaglie.
«Ho paura di morire e non poter dare un futuro a mia moglie e a mia figlia» ha scritto il
Sorrisi Gianluca Danise, nell’agosto del 2010, durante le vacanze
maresciallo incursore. «Ho paura di morire prima di aver sistemato la maledetta burocrazia militare e civile. Ho paura di non avere abbastanza disponibilità economica per curarmi e mi preoccupa dovermi curare e togliere i soldi alla mia famiglia...». Sotto un capitolo «Mi preoccupa dovermi curare e togliere soldi alla mia famiglia»
che ha intitolato «Le mie demoralizzazioni» scrive fra le altre cose: «Penso spesso alla mia morte e al suicidio e di come potrei sparire per non far soffrire più mia moglie».
Gianluca ha chiesto di essere seppellito in divisa, avvolto nella bandiera italiana. Secondo l’Osservatorio è la 321esima vittima dell’uranio impoverito, mentre — per dirla con Leggiero — in questi stessi giorni altri cinque soldati malati come lui «si stanno preparando a lasciarci».
Aveva partecipato a tante missioni all’estero, in Afghanistan, Kosovo e Gibuti ed era stato più volte decorato
Il militare aveva scoperto di essere malato nel 2010 di ritorno dalla sua seconda missione in Afghanistan
Per le stime dell’Osservatorio militare Danise sarebbe la 321esima vittima dell’uranio impoverito
Il dolore