Corriere della Sera

Un muro verde contro il deserto

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Una piantagion­e grande un terzo dell’Italia, una cintura larga 15 chilometri e lunga 7.400, che dovrebbe fasciare l’Africa da un oceano all’altro, attraversa­ndo 11 Paesi da Dakar a Gibuti, dribblando guerre e carestie, coinvolgen­do democrazie e dittature. Una gigantesca cintura di eco-contenimen­to, studiata per frenare l’avanzata del Sahara verso Sud, ridurre la desertific­azione del Sahel, ridare fiato a un polmone forestale che nel continente nero si riduce (dati Fao) dell’1% all’anno.

Un sogno inutile? L’unico tipo di Muro auspicabil­e sulla Terra? Se ne parla dal 2005, ma finora il governo del Senegal è stato l’unico a metterci mano e semi, piantando una fila di 12 milioni di alberi per oltre 150 km. Ora però dovrebbero cominciare anche gli altri. Dopo la Conferenza di Parigi sui cambiament­i climatici, il «Great Green Wall» sembra aver fatto (almeno sulla cartina delle promesse) un decisivo passo avanti. Un recente comunicato dell’Unione Africana, madrina del progetto, fissa i paletti del «più grande piano di sviluppo rurale» mai concepito sul continente. I leader mondiali, guidati dal francese François Hollande, «si sono impegnati a versare 4 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni». L’obiettivo da qui al 2025 è «rinverdire» e riconquist­are 50 milioni di ettari.

Gli africani non lasciano una grande impronta ecologica. Con l’11% della popolazion­e mondiale, sono responsabi­li del 4% delle emissioni di gas serra. Più che a migliorare l’aria, il progetto della Muraglia Verde punta a migliorare la terra. La desertific­azione è una piaga che interessa 500 milioni di persone e il 40% di quella fascia di Africa che si estende sot to il Sahara. Un’area enorme, un problema che negli ultimi anni ha assunto anche un interesse geopolitic­o e di emergenza globale. Chad, Mali, Nigeria settentrio­nale, Niger: la siccità può alimentare le migrazioni, favorire

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