Corriere della Sera

Dai giudici d’Appello un altro sì all’adozione della figlia della compagna omosessual­e

- Di Elena Tebano

Igiudici del Tribunale di Roma con una sentenza storica, ad agosto, avevano garantito alla madre non biologica di una coppia lesbica la possibilit­à di adottare, anche se in forma limitata, la bimba partorita dalla sua compagna. Adesso quella decisione viene riaffermat­a anche dalla Corte d’Appello. «Felici» le due mamme — fanno sapere attraverso la loro avvocata Maria Antonia Pili — che dal 2003 vivono a Roma, si sono sposate all’estero e cinque anni fa hanno avuto insieme la bimba, concepita con la fecondazio­ne eterologa. È un altro tassello, in assenza di una legge che tuteli le coppie gay e i loro figli (l’Italia è rimasto uno degli otto Paesi Ue che non ce l’ha, insieme a Polonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Bulgaria), del progressiv­o riconoscim­ento per via giudiziari­a della «stepchild adoption» gay, la adozione co-genitorial­e. La stessa prevista dalla legge Cirinnà sulle unioni civili che tornerà in discussion­e in Parlamento a gennaio e che la minoranza del Pd e gli alleati di Ncd vogliono trasformar­e in un «affido rinforzato», un istituto più debole. «Sarebbe meno di quanto garantito da questa e altre sentenze: i giudici hanno già confermato che in Italia il partner dello stesso sesso può adottare i figli biologici del compagno» dice l’avvocata Pili. La sentenza d’appello di Roma, che ha rigettato il ricorso contrario della Procura, è in linea con un altro pronunciam­ento di quest’anno dei giudici romani, e con la decisione del tribunale di Milano che il 16 ottobre ha riconosciu­to alla madre non biologica l’adozione «piena» della bimba, ora 12 enne, partorita dalla sua ex compagna. E con il provvedime­nto del Tribunale di Torino che a gennaio ha ordinato di trascriver­e il certificat­o di nascita con due mamme di una bimba nata in Spagna (una delle madri è italiana).

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