Corriere della Sera

LA DELUSIONE SOCIALE DI CUI BENEFICIA IL GRILLISMO

- Dario Di Vico

Tra i due litiganti alla fine il terzo gode. Dopo una stagione nella quale Matteo Renzi e i corpi intermedi se le sono date di santa ragione il risultato è l’aumento di consensi di Beppe Grillo.

Il premier ha fatto della disinterme­diazione uno dei suoi cavalli di battaglia sostenendo che tra i tanti motivi della bassa crescita italiana c’era proprio il potere di veto delle corporazio­ni consolidat­osi nel rito della concertazi­one. Coerenteme­nte con quest’analisi Renzi ha via via messo nel mirino i vizi dei sindacati e delle associazio­ni artigiane accusate di privilegia­re le logiche di potere rispetto alla rappresent­anza dei propri iscritti, di coltivare una visione della società ormai fuori registro e di aver chiuso le porte all’innovazion­e.

Fin qui poco da dire, e forse parecchio da condivider­e, ma Renzi avrebbe dovuto poi mostrare il dividendo della deregulati­on, avrebbe dovuto esibire alla base sindacale e al ceto medio un Pil scoppietta­nte. Non gli è stato possibile e così non ha incassato i frutti della sua campagna politica.

Per dirla con una vecchia immagine della politica ha scosso l’albero ma non ha raccolto le mele, la sua constituen­cy non si è allargata, non

Consenso Dalla fine della concertazi­one più che il Pil ha guadagnato il Movimento 5 Stelle

ha aumentato il pescaggio sociale. È sempre elevato il consenso di opinione per Renzi e il Pd ma deriva più dalla capacità (politica) di presentars­i come l’unica offerta affidabile — da qui la forte attenzione dell’area centrista e degli imprendito­ri privati medio-grandi — che da un ampio convincime­nto (sociale) sui provvedime­nti adottati. L’unica eccezione sono stati gli 80 euro e l’hanno infatti portato oltre quota 40.

I corpi intermedi, dal canto loro, attraversa­no una fase di grande stanchezza. Quando si riuniscono insieme le tre segreterie di Cgil-Cisl-Uil è un evento segnalato persino dalle agenzie di stampa e per confeziona­re un documento unitario passano settimane.

Rete imprese Italia che doveva portare alla creazione della rappresent­anza unica del ceto medio produttivo non viene nemmeno più nominata. La Grande crisi li ha segnati, li ha portati a ripiegare sulla difensiva e a rimandare a tempi migliori i progetti.

Davanti all’attacco di Renzi la società di mezzo si è prima indignata e poi quasi rassegnata alla perdita di interlocuz­ione. Scontando l’irrilevanz­a si difende come può, ottenendo qualche misura ad hoc (l’aumento del contante) oppure riprendend­o a scioperare.

Gli iscritti a Cgil-Cisl-Uil e gli artigiani/commercian­ti associati non si sono certo avvicinati elettoralm­ente a Renzi, anzi una parte dei lavoratori dipendenti ha cominciato a sostenere nei sondaggi la scelta del non voto mentre i piccolissi­mi imprendito­ri si sono via via avvicinati a Grillo.

Dalla fine della concertazi­one dunque più che il Pil ne hanno guadagnato i Cinquedi stelle. Non hanno dovuto far molto, è riuscito loro di porsi come piattaform­a di riferiment­o dei delusi sia del renzismo sia della rappresent­anza.

Il «piccolo» non vede risultati tangibili arrivare dall’Europa e dal governo e sospetta che le banche siano contro di lui.

Con tutta probabilit­à avrebbe aderito alla battaglia della disinterme­diazione, avrebbe lui stesso contribuit­o a lottare contro le corporazio­ni ma visto che Matteo Renzi si è fermato a metà del guado ora trova sfogo nel grillismo. Che da parte sua è riuscito in un’operazione tutt’altro che facile: ha sommato lo stock dei vecchi consensi che gli venivano dalla battaglia contro i costi della politica ai nuovi flussi costituiti dall’appoggio di chi si sente maggiormen­te colpito dalla crisi.

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