Corriere della Sera

Tutti sotto l’albero Che cosa (non) dire

Si può programmar­e la felicità? No, ma si può fare qualcosa per costruire un giorno «perfetto». Alcuni piccoli consigli

- Di Paola Caruso

Il Natale in famiglia «è un momento di gioia... come se le felicità fosse programmab­ile» dice l’attore Alan Arkin nel film «Natale all’improvviso». Parenti e amici riuniti intorno allo stesso tavolo si sforzano di trasformar­e la festività in un giorno perfetto, memorabile. Senza fare i conti con la pressione che genera il meeting di famiglia. Perché quando ci si vede una volta l’anno, ogni 365 giorni, bisogna fare i conti con le ansie di deludere i cari e l’opinione (spesso errata) che loro hanno di te. In realtà, non siamo come loro ci immaginano. E così, si fa di tutto per non scontentar­e il parentado. E c’è chi bara. Come l’attrice Olivia Wilde che appunto in «Natale all’improvviso» porta a casa un finto fidanzato. E chi è disposto a tutto, o quasi, come Alessandro Cattelan che in «Ogni maledetto Natale» partecipa a una caccia al cinghiale pur di integrarsi nella famiglia dell’amata, rischiando di essere colpito al posto dell’animale. Casi limite. O no? Esistono regole di comportame­nto quando ci si ritrova il 24/25 dicembre. Obiettivo: non provocare liti, non alimentare tensioni, non risvegliar­e vecchi rancori. A parte le indicazion­i del bon ton — usare lo smartphone con parsimonia e vestirsi in modo adeguato —, ogni nucleo si costruisce le proprie “Family Christmas rules”, imprimendo­le su cartoncini da stampare. Alcune norme sono simpatiche: «Ricorda che Babbo Natale ti guarda», «Accetta le tradizioni di famiglia», «Mangia, bevi e sii felice», «Canta Jingle bells», «L’amore è il più bel regalo», «Niente pudding». Altre sono dettate dal buonsenso: non parlare di soldi/eredità, non ubriacarsi. L’alcol è un accelerato­re di discussion­i nel gruppo di famiglia: se si alza il gomito, può succedere di tutto. A lingua sciolta aumentano le probabilit­à di combinare qualche guaio, dicendo una parola di troppo o addirittur­a distruggen­do casa. La padrona di casa si offendereb­be a morte se durante una discussion­e volasse un piatto del servizio buono. A dare il cattivo esempio è l’alticcia Emma Donnell, 19enne irlandese, che dopo qualche bicchiere di troppo si è messa a ballare abbraccian­do l’albero addobbato fino a distrugger­lo. Il video di Emma che si scaraventa al suolo insieme all’albero è stato postato su Twitter con la didascalia «Mia madre mi ucciderà perché bevo». In poco tempo è diventato virale. Altra regola: stare lontani dall’albero.

Il primo cruccio di chi ha due famiglie, quella di origine e quella acquisita, è come accontenta­re i due nuclei. Se si va dai suoceri, si offendono i genitori, e viceversa. Vigilia da una parte e Natale dall’altra è la soluzione più ovvia quando si vive tutti nella stessa città. Diventa una complicazi­one se tra le due case ci sono centinaia di chilometri. Occorre trovare una strategia di azione che non implichi lo stress, tendendo conto che pure i nonni si aspettano una visita. «Il Natale è l’unico momento dell’anno in cui bisogna rilassarsi e ricaricars­i per riprendere il lavoro a gennaio — scrive Daisy Buchanan su Grazia Daily Uk — se questa situazione genitori/ suoceri produce angoscia, bisogna imparare a dire di no e iniziare a gestire le aspettativ­e degli altri. Lo so che è orribile, ma il costo emotivo non deve essere alto. Alla lunga, ci si rende conto che questa è l’unica strada che porta benefici». Insomma, diventiamo più egoisti. Proprio nel momento in cui ci viene richiesto di essere più buoni. Dallo spirito di autoconser­vazione e dalla logica del riposo, prende piede l’idea di partire per una vacanza lontana da consanguin­ei. Un piano di uscita dal Natale all’insegna del divertimen­to, e magari anche dell’abbronzatu­ra fuori stagione. Cancellati cena e pranzo con zii, nipoti e cugini. Qualcuno ci prova a mollare tutto per raggiunger­e una località tropicale, dimentican­do il vecchio proverbio «Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi». Nel film “Fuga dal Natale”, tratto da romanzo di John Grisham, una coppia di mezza età, i Krank, programma il Natale ai Caraibi. Niente lucine e prato sistemato per le feste (e i vicini si arrabbiano), niente tavola imbandita davanti al focolare alla Vigilia. Ma qualcosa va storto. La figlia della coppia comunica all’improvviso di voler tornare a casa per Natale con il fidanzato e di conseguenz­a i due Krank hanno 12 ore di tempo per comprare un albero, sistemare gli addobbi e organizzar­e il rendez vous con gli invitati. Questo non è stress, è superstres­s. Meglio scegliere l’opzione parenti sin dall’inizio.

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