Lo stadio come la Basilica di S. Pietro Il cantiere non interrompe il rito
La trasformazione del Friuli e gli argani che fanno spettacolo alla Torre Eiffel
necessità di rinnovare con il bisogno di non sospendere tutte quelle esperienze quotidiane che danno identità forte all’istituzione che li accoglie oltre che alla sua comunità.
La scelta di tenere in vita frammenti utili della vecchia struttura rappresenta anche la volontà di non perdere memoria e la naturale resistenza al cambiamento che è propria di molte società. Allora il processo di violenta trasformazione si accompagna a forme d’inconscio esorcismo in cui la materia antica viene lentamente mescolata a quella nuova, mentre i modi di abitare gli spazi moderni si definiscono lentamente in parziale continuità con le tradizioni passate.
In questi ultimi due secoli costruiti su di un tempo compresso, dinamico e profondamente segnato dall’etica della produzione, la necessità di non fermare mai le nuove cattedrali della modernità come Il «diamante» Una fase dei lavori del nuovo stadio Friuli e in alto la facciata «diamantata». Sotto, lo stabilimento Ferrari, anch’esso trasformato
le fabbriche, le stazioni e i suoi luoghi pubblici è diventata ancora più pressante. E a questa si associa oggi la necessità di non continuare a consumare nuovi territori e materie, quanto piuttosto di ripensare e riutilizzare il patrimonio esistente sfruttando al massimo le sue potenzialità. Ogni edificio diventa occasione per essere radicalmente ripensato senza che venga cancellato dalla vita di tutti i giorni.
Questo vale per il nuovo Stadio Friuli di Udine, inaugurato senza che si perdesse un solo incontro di calcio ma, soprattutto, senza che i suoi spettatori vivessero la pena dello stacco tra nuova e vecchia struttura. Anzi, il pubblico del Friuli ha potuto seguire in diretta la lenta metamorfosi, il cambio di pelle di una struttura amata che è diventata uno spazio nuovo, più confortevole e attrezzato per le sfide future.
Queste possibilità sono dettate da competenze tecniche e progettuali che consentono di ridurre al minimo il disagio e, insieme, permettono di lavorare sul corpo esistente nella massima sostenibilità esecutiva ed economica. È avvenuto lo stesso per la recente ricostruzione del primo livello della Tour Eiffel dove sono stati integrati un nuovo pavimento
trasparente e strutture ricettive senza che fosse cancellato un solo giorno di visite. Un monumentale argano montato alla base della torre aveva consentito il sollevamento dei nuovi corpi di fabbrica, offrendo ai turisti la vista inattesa di un cantiere in azione nel cuore di questo capolavoro dell’ingegneria moderna.
Lo stesso si potrebbe dire dello stabilimento Ferrari a Maranello, che in questi ultimi due decenni è cresciuto grazie a nuovi edifici d’autore senza che venisse mai fermata la produzione. L’impressione crescente è che le nostre città saranno sempre più luoghi di trasformazione fluida e organica in cui la simbiosi tra antico e moderno genererà luoghi di continuità delle nostre abitudini, che raramente si vedranno fermate dal cartello «lavori in corso».