Bodino, il fertile incontro di cose e memoria
Una delle opere di Giampiero Bodino esposte alla Casa Museo Bagatti Valsecchi gni giorno noi usiamo forze immense, come i dormienti. Ciò che noi facciamo e pensiamo è colmo dell’essere dei padri e degli avi»: probabilmente Giampiero Bodino, nell’entrare per la prima volta in quello scrigno di memoria che è il Museo Bagatti Valsecchi a Milano, ha sentito proprio «le forze immense» della storia, le stesse descritte da Walter Benjamin. E ha cercato di farle sue, di renderle sospese nel tempo e restituirle.
Giampiero Bodino è un artista atipico: creatore di gioielli, fotografo, pittore, direttore creativo di una grande azienda del lusso, ha deciso di fare una ricerca sul significato dell’immagine, creando un progetto site specific con la rilettura di oggetti, sculture, decorazioni e fotografie attraverso i linguaggi che gli sono più propri: il disegno, la pittura, la fotografia.
Certo, non è facile entrare in un luogo così denso di memoria come la casa Museo Bagatti Valsecchi: ma Bodino, ben consapevole del rischio, si è mosso con la volontà di non turbare l a r i cca architettura della collezione creando opere capaci di mimetizzarsi nella potente Wunderkammer del palazzo. È nata così una mostra inaspettata e dal titolo evocativo «Imago non fugit», quasi a sottolineare che l’immagine, portatrice di memorie, è oggi al centro di un modo di pensare e non può, e soprattutto, non deve, svanire nell’oblio. La mostra, curata da Donatella Brun e Francesco Gattuso (sino al 17 gennaio) è un vero viaggio dentro la collezione,quasi un’indagine archeologica, tra presente e passato.
Come un vero cercatore di reperti, Bodino ha individuato alcune figure e le ha trasformate in simboli di un mondo lontano che diventano sguardo sul presente. L’artista, ad esempio, attinge dal gabinetto fotografico in cui si vede un Pier Fausto fanciullo (attuale presidente della Fondazione) che per gioco cammina sui sederi delle cuginette e lo trasforma in un dipinto ironico e surreale. E ancora, un orologio a forma di teschio, potente memento mori che Bodino ha voluto fermare in una serie di fotografie. Un percorso, della memoria sulla memoria, dunque, dove il senso di questa ricerca sta chiuso nelle parole di Elias Canetti: « Trovare il cammino attraverso il labirinto del proprio tempo, senza soccombergli, ma anche senza saltarne fuori».