Corriere della Sera

«Più vigilanza, senza paralisi»

Il ministro: surreale la procedura d’infrazione Ue per l’immigrazio­ne E sulle banche: creeremo comitati anti-truffa in tutte le prefetture

- Di Paolo Conti

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, al Corriere: «Mai sottovalut­are nulla, ma non possiamo nemmeno farci paralizzar­e».

Ministro Alfano, ieri da Vienna è arrivato un nuovo allarme terrorismo: sarebbe pronto un attentato in una capitale europea entro Capodanno. Cosa ne pensa?

«Dopo gli attentati di Parigi abbiamo elevato l’allerta al livello immediatam­ente precedente a quello dell’attacco in corso e abbiamo predispost­o ulteriori potenziame­nti per il Giubileo. Il rischio zero non esiste. Dobbiamo mettere nel conto l’arrivo di segnalazio­ni che vanno adeguatame­nte analizzate. Mai sottovalut­are nulla, ma non possiamo nemmeno farci paralizzar­e».

Pensa che un possibile impegno dell’Italia in Libia aumenterà il pericolo di un attentato?

«L’eventuale impegno dell’Italia, nel quadro di una strategia condivisa, è da prevedere non come scelta unilateral­e ma come frutto di un coordiname­nto. Non mi stanco di dirlo: siamo già esposti, come gli altri Paesi europei. Per questo il nostro sforzo non conosce pause»

Il Giubileo sta attirando meno pellegrini del previsto. Come procedono i controlli intorno a san Pietro, nella città di Roma e agli altri centri della cattolicit­à?

«Il lavoro dell’intelligen­ce antiterror­ismo è stato fin qui straordina­riamente efficace. Abbiamo in campo, senza considerar­e le nuove assunzioni nelle forze dell’ordine, il più alto numero di militari che si ricordi per l’operazione “strade sicure”: 6300 uomini e donne. E rispondiam­o in modo flessibile all’idea di un giubileo decentrato, voluto da papa Francesco. Abbiamo intensific­ato i controlli non solo a Roma e a San Pietro ma anche alla Santa casa di Loreto, a San Giovanni Rotondo, ad Assisi e al santuario di Sant’Antonio a Padova».

Qual è il rapporto tra il Viminale e le principali comunità islamiche italiane? C’è chi vi aiuta a indagare su possibili sacche di estremismo islamico?

«Abbiamo per ora un rapporto proficuo con le comunità islamiche. Dopo i fatti di Parigi abbiamo sottolinea­to che ci sono momenti in cui non basta non essere terroristi. Bisogna essere “anti”. Ecco perché abbiamo chiesto che si levasse ancora più alta la voce del dissenso

di chi nulla a che fare con le stragi».

L’emergenza profughi non diminuisce. Anzi, dopo la faticosa intesa sulla Libia, gli sbarchi sono ripresi. Bisogna temere una nuova ondata, magari più massiccia che in passato?

«La Libia è per noi un elemento determinan­te. Più del 90 per cento degli sbarcati sono partiti di lì. L’accordo di pace potrebbe essere un fattore determinan­te ma il condiziona­le è d’obbligo. I trafficant­i di morte sono organizzat­issimi. Al lavoro di presidio delle frontiere, almeno speriamo, dovremo affiancare un grande sforzo della comunità internazio­nale, cioè la coalizione anti-terrorismo con alle spalle i deliberati Onu. Bisognerà organizzar­e una vera guerra ai trafficant­i di esseri umani. Occorrerà presidiare anche le frontiere meridional­i della Libia, che aprono le porte a chi arriva dall’Africa sub-sahariana e dal Corno d’Africa. E poi sarà necessario organizzar­e lì, in terra africana, campi che possano permettere il discernime­nto tra i profughi e gli irregolari».

La Libia La pace può essere determinan­te per gli sbarchi Lì serviranno campi per distinguer­e i profughi dagli irregolari

Il terrorismo L’intelligen­ce lavora in modo molto efficace e abbiamo in campo 6.300 militari, il più alto numero che si ricordi per l’operazione «strade sicure»

La Commission­e europea ha avviato una procedura di infrazione per la mancata applicazio­ne del regolament­o sulla registrazi­one dei migranti con la presa di impronte digitali (Eurodac). L’Italia come si sta attrezzand­o? E lei, da titolare del Viminale,

come replica a questa contestazi­one?

«L’Italia ha dato una risposta da grande Paese nell’emergenza 2014 quando sono arrivate 170.000 persone e dopo una strage di 300 donne, uomini e bambini. È accaduto qualcosa di immane, di mai visto dal punto di vista organizzat­ivo. Nel 2015 abbiamo avuto il tempo e la volontà di organizzar­ci, e l’abbiamo fatto. Arrivando quasi al 100% delle fotosegnal­azioni. Il sistema degli hotspot, le strutture per registrare rapidament­e gli immigrati, funziona, secondo gli accordi tra capi di Stato e di governo europei, con il ricollocam­ento degli immigrati — nello spirito di un’Europa solidale — e con i rimpatri. Ma se noi apriamo gli hotspot, e lo stiamo facendo, ma non si procede con i ricollocam­enti e non sentiamo parlare di rimpatri rischiamo il collasso politico di un’Europa incapace di applicare gli accordi e il collasso funzionale. Perché gli hotspot servono a distinguer­e tra profughi e irregolari. Gli irregolari vanno chiusi in centri in vista del rimpatrio. Se non si rimpatria, i numeri crescono e si accumulano provocando problemi gravissimi. Anche per questo la procedura di infrazione ha un che di surreale. Ci aspettavam­o una procedura di ringraziam­ento».

Si moltiplica­no le proteste per la vicenda «salvabanch­e», scendono in piazza non solo i risparmiat­ori rimasti senza un euro ma anche molte associazio­ni di consumator­i oltre che movimenti politici, primo tra tutti il M5S. Prevede problemi di ordine pubblico, nei prossimi giorni? E pensa che il governo riuscirà a superare questa crisi?

«Abbiamo il dovere di stare all’erta, e ci stiamo. Però vorrei ribadire che il governo si è subito schierato dalla parte dei risparmiat­ori. Il mio primo impegno, col nuovo anno, sarà l’organizzaz­ione di comitati di controllo in tutte le prefetture italiane per evitare truffe soprattutt­o nei confronti degli anziani e perché la scelta del cliente sia sempre più consapevol­e. Il risparmio è un pezzo fondamenta­le della nostra economia e della nostra identità nazionale. Ho già sentito i vertici dell’Associazio­ne Bancaria Italiana che mi hanno assicurato la loro piena disponibil­ità a far sì che questo strumento, così capillarme­nte decentrato sul territorio, funzioni al meglio. Non credo che il sistema bancario possa desiderare o giustifica­re la mancanza di trasparenz­a».

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