Corriere della Sera

Le nuove banche: non daremo risarcimen­ti

Altolà dei consigli degli istituti risanati. Il Tesoro non esclude l’aumento delle risorse del Fondo di solidariet­à Il nodo delle richieste ai liquidator­i. Interrotte alcune delle cause ai vecchi amministra­tori di Banca Marche

- Mario Sensini

Il diritto al risarcimen­to del danno è salvo. Il guaio è non c’è più nessuno, a parte il Fondo di solidariet­à, ed entro limiti molto stretti, che potrebbe risarcire gli investitor­i eventualme­nte truffati da Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrar­a e Carichieti nel collocamen­to delle obbligazio­ni subordinat­e. Le loro azioni di responsabi­lità potranno essere indirizzat­e, infatti, solo alle vecchie banche che oggi sono state messe in liquidazio­ne coatta, e che non hanno più un

euro in cassa.

I consigli di amministra­zione delle nuove banche nate dalle ceneri dei quattro istituti hanno fatto sapere, con una nota diffusa la vigilia di Natale che in base alle norme europee ed italiane loro «non possono essere oggetto di azioni da parte dei vecchi azionisti e obbligazio­nisti subordinat­i». Le nuove banche «buone», conferma il ministero dell’Economia, sono nate il 22 novembre con il decreto che ha messo in risoluzion­e i vecchi istituti, e non hanno pendenze con il passato. Né ha qualcosa da farsi perdonare la nuova banca «cattiva», nata lo stesso giorno, alla quale sono stati trasferiti i crediti in sofferenza. Tutto dunque è destinato a scaricarsi sui vecchi istituti in liquidazio­ne, dove però non c’è più nulla da vendere e con il quale eventualme­nte risarcire.

Il problema non è solo teorico. Anche per questo al ministero dell’Economia non si esclude, se domani ci fosse la necessità, di aumentare le risorse del Fondo di solidariet­à, oggi limitate a 100 milioni di euro, a fronte di 800 milioni di euro di obbligazio­ni subordinat­e emesse dalle quattro banche. Nelle intenzioni del governo il Fondo dovrebbe intervenir­e per ristorare solo i piccoli investitor­i danneggiat­i dall’azzerament­o delle obbligazio­ni, anche ricorrendo agli arbitrati caso per caso. Secondo il Tesoro sarebbero non più di 2 mila (su 11 mila obbligazio­nisti totali), con un capitale di 90 milioni.

I criteri per l’accesso al Fondo, riservato alle persone fisiche e agli imprendito­ri individual­i, devono essere stabiliti da un decreto dell’Economia e della Giustizia, ma saranno comunque molto selettivi. L’intervento sarà valutato da un collegio arbitrale e il suo contributo sarà parziale, entro «un ammontare massimo» delle perdite. «Resta salvo il diritto al risarcimen­to» degli investitor­i, c’è scritto nella legge, ma non essendoci più nessun altro in grado di pagare, tutto rischia di finire lì, con il Fondo di solidariet­à. Rivolgersi a un tribunale, per una società, o una persona esclusa dal Fondo, rischia seriamente di rivelarsi cosa inutile.

La «risoluzion­e» delle quattro banche, con l’inedito venir meno dei vecchi soggetti giuridici, sta già creando un po’ di confusione legale. In questi giorni, ad esempio, sono state notificate le interruzio­ni di alcune cause che vedevano coinvolta la vecchia Banca Marche, i suoi azionisti e gli amministra­tori. Il vecchio istituto non c’è più. Nelle cause passive verrà sostituito dalla liquidazio­ne coatta, che non ha soldi. Ma non è chiaro se qualcuno, e chi, sostituirà le vecchie banche nelle cause attive, quelle in cui sono loro a chiedere i danni, ad esempio agli ex amministra­tori (Banca Marche ha chiesto 280 milioni, Cariferrar­a 300). Soldi che di regola dovrebbero essere rimborsati ad azionisti e obbligazio­nisti.

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