Quei 1.100 geni che ci rendono intelligenti
Per il 40% le capacità cognitive vengono da due «squadre» di materiale ereditato attraverso il Dna
Per l’intelligenza che ci è toccata in sorte possiamo ringraziare mamma, papà e oltre mille geni tra quelli che ci hanno trasmesso i nostri genitori. Che le capacità cognitive fossero (in buona parte) ereditarie e che non esistesse un solo gene dell’intelligenza ma molti, era chiaro da tempo. Ma grazie a uno studio appena pubblicato su Nature Neuroscience ora possiamo dar loro un nome. M1 e M3. Si chiamano così le due squadre di geni, costituite rispettivamente da un migliaio e un centinaio di singoli elementi, identificate all’Imperial College London da un gruppo che comprende anche alcuni nomi italiani.
I ricercatori hanno paragonato questi geni agli atleti di un team di calcio, che giocano in diversi ruoli cooperando tra loro. Non sappiamo ancora quali siano più importanti per vincere e non conosciamo la strategia della partita. Ma è probabile che esistano dei meccanismi regolatori comuni, che garantiscono il coordinamento molecolare responsabile delle nostre facoltà cognitive, dalla capacità di giocar e a s c a c c h i a l s e n s o dell’umorismo. L’esistenza di pochi interruttori condivisi, secondo il primo firmatario della ricerca Michael Johnson, in un lontano futuro potrebbe aprire la strada a interventi per aiutare i pazienti con disabilità cognitive. Ma i geni coinvolti sono così tanti, probabilmente ben più di quelli appena individuati, da far apparire come fantascientifica l’idea di progettare bambini superdotati a tavolino.
L’intelligenza generale è difficile da definire perché è un mix di capacità differenti, come la memoria e la velocità con cui processiamo le informazioni, ma può essere misurata perché queste doti tendono a presentarsi insieme e test diversi tendono a dare risultati simili. L’ultima scoperta è arrivata componendo un puzzle impressionante di dati. I ricercatori dell’Imperial College hanno individuato i primi tasselli grazie a studi sul topo e all’analisi di un centinaio di cervelli umani conservati post mortem. Poi gli indizi sono stati confrontati con due database, rappresentativi di migliaia di volontari, sani e affetti da diverse patologie tra cui epilessia, schizofrenia e autismo. È emerso così che il quoziente intellettivo nelle persone sane è influenzato da geni che ritroviamo, in forma mutata, nei pazienti con problemi.
La forte ereditarietà delle capacità cognitive è stata confermata dagli studi sugli scimpanzé e si stima che il 40 per Restano decisive anche la scolarizzazione e la possibilità di crescere in ambienti stimolanti
I fattori sociali