NEGLI USA UNA CAMPAGNA PRESIDENZIALE INFUOCATA
Nel giorno di Natale a Hope, in Arkansas, un motociclista sconosciuto ha appiccato il fuoco nella casa natale dell’ex presidente Bill Clinton. Sempre il 25 a Houston, in Texas, un incendio doloso ha danneggiato l’Islamic Center. Due macchie, due brutti segnali nella «stagione delle feste» celebrata con la solita voracità commerciale e con un profluvio di buoni propositi. Il presidente Barack Obama e la moglie Michelle hanno diffuso un messaggio registrato sotto l’albero, celebrando i buoni sentimenti della «grande famiglia americana». Ma il 2015 è stato l’anno del contrasto, non dell’armonia. Certo non sarebbe corretto stabilire una relazione diretta tra gli attacchi verbali di Donald Trump ai musulmani e, da ultimo, a Hillary Clinton con le fiamme che arrivano dall’Arkansas e dal Texas. Non c’è dubbio, però, che siano il risultato, o forse solo l’inizio, di un clima politico e sociale carico di tensioni. Il Consiglio delle relazioni islamicoamericane, che tiene il conto degli atti di vandalismo o di intimidazione contro le moschee negli Stati Uniti, riferisce che il 2015 è stato l’anno peggiore da quando, sei anni fa, cominciò questo tipo di monitoraggio. Il linguaggio usato dai candidati, non solo da Trump, sta concentrando l’attenzione sull’identità personale degli avversari, più che sulle loro idee. È una deriva sempre pericolosa. Bill Clinton annuncia che da gennaio tornerà a fare campagna elettorale in favore della moglie Hillary? In altri tempi qualcuno si sarebbe affrettato a compilare un dossier per mettere in luce le contraddizioni tra la visione di Bill e quella di Hillary. Adesso, invece, c’è chi si sente autorizzato a procurarsi una tanica di benzina e a dar fuoco a una casetta dichiarata nel 2011 «luogo di interesse storico nazionale». Più facile che studiare. Più pericoloso per tutti gli americani.