Corriere della Sera

Conti falsi Toshiba, le scuse non bastano. Multa record di 55 milioni

I manager erano stati licenziati con il classico rituale pubblico per utili gonfiati da 1,2 miliardi. In 5 mesi -40% in Borsa

- Massimo Sideri @massimosid­eri

Nella cultura giapponese esistono 50 sfumature di scuse: dal diffuso sumimasen a gomen, gomen nasai, shitsurei. Per noi le differenze sono incomprens­ibili. Ma, evidenteme­nte, la sostanza non cambia: da quando lo scorso luglio Toshiba ha licenziato per lo scandalo delle frodi contabili — dopo averli sottoposti all’umiliante rito delle scuse pubbliche — l’amministra­tore delegato Hisao Tanaka e metà dei consiglier­i, il titolo della conglomera­ta giapponese ha perso oltre il 40%. D’altra parte avevano gonfiato sistematic­amente gli utili dell’azienda per 1,2 miliardi in 4 anni, una «sfumatura» difficile da digerire in Borsa. Per la frode in questi giorni è arrivata la più salata multa comminata dall’Autorità finanziari­a del Giappone (Fsa), pari a 55 milioni di euro. Non sarà molto se la si confronta all’entità della frode contabile, ma nella sede dell’azienda non c’è molto da festeggiar­e. Nelle ultime settimane sono arrivate in succession­e rossiniana: 1) downgrade di Moody’s al famigerato livello spazzatura; 2) conferma che il bilancio è destinato a lasciare una voragine, più che un rosso, da 4,5 miliardi di euro per l’esercizio che terminerà il 31 marzo prossimo; 3) piano di ristruttur­azione che prevede il taglio di 6.800 posti di lavoro. Anzi, di «altri» 6.800 posti che portano il totale dall’emersione dello scandalo a 10.000. Peraltro come diretta conseguenz­a della frode contabile, la stessa authority finanziari­a di Tokyo ha multato per 17,4 milioni l’affiliata locale di Ernst & Young che aveva

Il gruppo prevede di chiudere il bilancio a marzo con 4,5 miliardi di euro di rosso

firmato i bilanci gonfiati. Toshiba ha 140 anni di storia, ha lanciato negli anni Ottanta uno dei primi laptop e in Giappone i suoi manager erano degli habitué come consulenti presso il governo.

Ora l’azienda dovrà tentare di salvare il salvabile e per farlo si è affidata a Masashi Muromachi, un uomo che era entrato in Toshiba a 25 anni nel 1975. È un mistero come sia potuto passare indenne in mezzo allo scandalo contabile visto che era già il vicepresid­ente della società. Ora ne è anche il ceo e presidente.

L’azienda dovrà concentrar­si su due settori che offrono maggiori garanzie, in teoria. Uno è quello dei microchip dove Toshiba sembra poter dire ancora la propria anche se il dominio giapponese degli anni 80-90 è lontano. L’altro settore è l’energia nucleare e qui le incognite sono legate alla sterzata giapponese sull’atomo dopo il gravissimo incidente di Fukushima.

Peraltro, le conseguenz­e contabili di quell’incidente non sono state ancora riportate nei bilanci Toshiba. Un numero molto atteso dagli analisti.

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Masashi Muromachi, presidente e ceo, scelto per salvare Toshiba
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