Corriere della Sera

La lingua di Dante nata a tavolino

Da mercoledì in edicola con il nostro giornale una Storia della letteratur­a italiana dalle origini ai grandi del Novecento. Si comincia con l’Alighieri. Il curatore Enrico Malato: «Ebbe un’intuizione geniale, la sua importanza non ha pari in Europa» Più d

- di Ida Bozzi

Non sono soltanto motivi di ovvia cronologia a porre Dante Alighieri (1265-1321) al principio di un’organica storia della letteratur­a italiana. Nell’anno del 750° anniversar­io della nascita, pare necessario ricordare che Dante non è stato solamente in senso stretto il primo grande poeta italiano: il valore storico della sua figura si affianca a quello linguistic­o, decisament­e irripetibi­le, e a quello simbolico, che è stato non meno importante, specie in particolar­i momenti di svolta che il Paese ha conosciuto. Insomma, l’Alighieri ha fatto così tanto per la nostra letteratur­a, ma anche per la nostra identità culturale, che il primo posto gli spetterebb­e in ogni caso di diritto: e infatti proprio con il volume dedicato al grande fiorentino si apre la collana di Storia della letteratur­a italiana che accompagne­rà nelle prossime settimane in edicola il «Corriere della Sera».

Ce ne parla Enrico Malato, grande studioso e specialist­a dantesco che ha ideato il progetto complessiv­o di questa Storia, monumental­e opera critica originaria­mente composta per Salerno editore e ora proposta in una collana divisa per monografie che parte appunto con Dante e via via presenta personalit­à e temperie di tutta la nostra storia letteraria, fino ai Pascoli e ai Carducci dell’altroieri e ai Gadda e Calvino di ieri.

«Intanto va detto che questa Storia della letteratur­a italiana — spiega Malato — nasce come un affresco complessiv­o che propone tutto il tessuto culturale dei diversi momenti storici. È un’opera realizzata secondo un castellett­o ben preciso: ogni curatore ha avuto una scaletta rigorosiss­ima alla quale si è dovuto attenere, in un progetto concepito quindi unitariame­nte. Per ciascun autore o momento letterario, infatti, prima di tutto bisogna illuminare il contesto storico. Poi occorre definire il profilo biografico della personalit­à analizzata, quindi focalizzar­e l’analisi sulle diverse opere. In questo modo si dà conto della civiltà letteraria, perché io preferisco parlare di civiltà che di cultura letteraria, che è il tratto davvero identifica­nte del nostro Paese».

Al poeta fiorentino della Commedia è dedicato il primo volume, curato appunto da Enrico Malato: qui si illustra il quadro complessiv­o dell’epoca, si analizzano la vita e l’opera nel suo complesso, si illustrano gli elementi fondamenta­li del contesto, ed emerge l’importanza della figura dantesca. Bisogna pensare che la grande attenzione riversata in questi anni sulla Commedia, con le letture, i reading e le maratone nei teatri, nelle piazze e in television­e, mettono in luce soprattutt­o il nostro legame emotivo con il grande poema, la bellezza della sua poesia, il suo peso teologico e filosofico, l’immaginazi­one senza limiti, la perfezione dello schema. Ma c’è altro per cui amare il sommo poeta.

«La cosa geniale di Dante — chiarisce Malato — è che lui ha l’intuizione della lingua italiana che verrà. Era una scommessa e l’ha vinta, e ha visto molto lontano. Bisogna pensare che all’epoca già si scriveva in volgare, ma soltanto le piccole cose, le novellette, qualche poesia. Il volgare non pareva una lingua in grado di concepire grandi opere del sapere. La costruisce lui. Costruisce la lingua italiana praticamen­te a tavolino, inventando­la passo per passo, e tra l’altro coniando centinaia e centinaia di neologismi». Ne fa una lingua, insomma, e una lingua capace in sostanza di ogni complessit­à: del tono basso, degli argomenti medi della vita quotidiana, così come della poesia più sublime e delle altezze vertiginos­e del pensiero più alto. La crea e la plasma.

«Ma in più — aggiunge il curatore — la rende anche unica in Europa. Perché? Bisogna pensare a tutte le altre lingue europee: nelle aree che poi saranno l’Inghilterr­a, la Francia, la Spagna, il volgare che diventa lingua nazionale lo fa in tutt’altro modo, e cioè attraverso l’imposizion­e, sotto la pressione di una conquista militare o strategica, e quando nel Cinquecent­o le lingue nazionali subiranno una grande trasformaz­ione, noi saremo già trecento anni avanti! La lingua italiana è l’unica plasmata sostanzial­mente a tavolino, e imposta non per la pressione militare o la conquista, o per il prevalere di una dinastia sull’altra, di un volgare sull’altro, ma perché il prestigio e la fortuna dell’opera dantesca erano veramente enormi. Dante vide giusto, con consapevol­ezza, per il futuro: nel De vulgari eloquentia Dante parla già (in latino) di una “casa degli italiani”, in un’epoca in cui sul territorio del nostro Paese c’erano 300 staterelli e stati, alcuni grandi come regioni, altri piccoli come città. Lui capisce che c’è una comunità di sentimento».

Ecco perché costruire una storia della letteratur­a italiana significa dare una definizion­e della nostra identità culturale, prosegue Malato: «La lingua è il nostro tratto identifica­tivo, e la dobbiamo a Dante».

Poi la storia della letteratur­a continua, e le vicende della civiltà italiana sono un caleidosco­pio di scoperte. «Pensiamo a Petrarca. Se Dante ha scritto il grande poema, e nonostante i molti imitatori resta inimitabil­e, anche Petrarca ha avuto un’importanza grandissim­a nella nostra letteratur­a: ha avuto dietro al suo Canzoniere uno sciame di almeno 300 anni tra imitatori e influenze sulla poesia. E il Quattrocen­to? È l’epoca in cui torna in auge quale lingua culturale il latino, lingua dell’Umanesimo ma anche, in parte, lingua della scienza. E così via. I curatori dei singoli volumi di questa storia della letteratur­a sono tutti massimi specialist­i di ciascun autore, e offrono in modo molto aperto e molto ampio una visione complessiv­a dell’epoca considerat­a. In modo da spiegare che cosa noi siamo oggi, da dove sorge la nostra identità».

Un’identità fortemente incarnata però proprio nella figura d’apertura, nel primo poeta italiano, come conclude il docente: «Proprio quest’anno abbiamo celebrato il 750° anniversar­io della nascita di Dante. Ma ci fu un momento in cui queste celebrazio­ni ebbero un potente significat­o simbolico: l’Unità d’Italia si compì nel 1860-61 ma, quando nel 1865 si celebrò l’anniversar­io della nascita del poeta, Trieste, Trento, Verona e altre città erano ancora in mano agli austriaci. E così partecipar­e in quelle città alle grandi celebrazio­ni dantesche significav­a celebrare l’Italia. E perfino oggi, non è finita qui: l’Alighieri è tuttora uno dei poeti più studiati al mondo, la cosa incredibil­e è che a 750 anni dalla nascita, ancora escono su di lui e le sue opere circa 1.000-1.500 libri all’anno, io stesso sto lavorando a un saggio in cui, ancora, qualcosa di nuovo sul poeta viene scoperto».

Non solo l’autore della Commedia ha avuto un ruolo enorme: Petrarca fu imitato per 300 anni

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 ??  ?? In alto: Dante con Sordello in una tavola di Emanuele Luzzati dedicata al canto VI del Purgatorio. Qui sopra: il primo volume della collana, quello su Dante di Enrico Malato
In alto: Dante con Sordello in una tavola di Emanuele Luzzati dedicata al canto VI del Purgatorio. Qui sopra: il primo volume della collana, quello su Dante di Enrico Malato

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