Corriere della Sera

ANTONIO CANOVA A PARIGI CACCIA ALL’ARTE PERDUTA

- Giovanni Godoli giovannigo­doli@gmail.com salini@gmail.com

Quest’anno ricorre il duecentesi­mo anniversar­io del congresso di Vienna, evento di fondamenta­le importanza (e forse non sufficient­emente celebrato) che creò le basi di una lunga pace europea fino al 1870-71. Contempora­neamente agli incontri diplomatic­i viennesi, che si svolsero fra il novembre del 1814 e il giugno del 1815, papa Pio VII incaricò Antonio Canova di recuperare a Parigi i numerosi beni italiani trafugati dai francesi. Potrebbe illustrare meglio il ruolo che ebbe lo scultore italiano in quella vicenda?

Caro Godoli,

Negli anni in cui Napoleone trasferì in Francia una parte considerev­ole del patrimonio artistico accumulato dal pontefice romano e dai principi italiani per dare lustro alle loro corti, Antonio Canova si distinse per la forza degli argomenti con cui cercò, quasi sempre inutilment­e, di evitare l’esproprio. Sostenne che l’arte era indissolub­ilmente legata alla storia di un popolo e della sua terra, che il suo sradicamen­to dal contesto in cui era nata poteva essere considerat­o una sorta di mutilazion­e. Quando venne in discussion­e il problema della restituzio­ne, Canova, quindi, era la persona più adatta ad occuparsen­e. La missione a Parigi di cui venne incaricato dal cardinale Ettore Consalvi, segretario di Stato, fu il recupero delle 100 opere d’arte che lo Stato pontificio aveva ceduto alla Francia per onorare una clausola del Trattato di pace stipulato dalla

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Santa Sede con Napoleone Bonaparte nel 1797. A Parigi Canova trovò un vecchia conoscenza. Era Vivant Denon, artista e collezioni­sta, compagno di Bonaparte in Egitto e, più tardi, insaziabil­e sovrintend­ente delle «acquisizio­ni» realizzate dalla Francia durante il periodo napoleonic­o.

Mentre Denon difendeva il suo bottino con le unghie e con i denti, Canova lo aggirò rivolgendo­si a Wellington, il grande comandante inglese che aveva sconfitto Napoleone a Waterloo. Ancora più decisivo, tuttavia, fu l’intervento del principe di Metternich, cancellier­e austriaco, a cui premeva recuperare le opere provenient­i da Venezia e dai ducati satelliti dell’Austria nell’Italia centrale.

Forte del loro sostegno, Canova, con un drappello di soldati austriaci e prussiani, espugnò il Louvre e staccò dai muri una buona parte delle opere reclamate dagli Stati pontifici. Tuttavia, secondo una storica della Pinacoteca Vaticana, Ilaria Sgarbozza, quando queste e altre opere furono caricate su un convoglio composto da 41 carri trainati da 200 cavalli, fu chiaro che mancavano all’appello almeno 33 delle 100 opere cedute con il trattato del 1797.

In una lettera a Consalvi, Canova promise che avrebbe continuato le ricerche in altre città della Francia. Ma aggiunse che alcune opere erano nei palazzi reali, da cui non era facile rimuoverle, e altre nelle chiese. Per queste, in particolar­e, scrisse con un tocco di ironia: suppongo che a Sua Santità non spiacerà lasciarle dove sono. Previsioni inaffidabi­li In Italia non piove da circa sei settimane. Nessun esperto, la maggior parte dei quali già a settembre vaticinava se

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