Calcio azzerato, atletica corrotta L’annus horribilis dello sport
Da Blatter a Diack, Fifa e Iaaf terremotate dal male comune delle mazzette
Guardateli. Blatter è un re deposto, Platini un delfino spiaggiato, Coe un principe ranocchio, Diack è accusato di corruzione «attiva». Citius, altius, fortius? Sì, al contrario.
È stato —è — l’annus horribilis dello sport. La Federcalcio mondiale (Fifa) decapitata nel giro di sette mesi; la Federatletica internazionale (Iaaf), passata di mano quand’era in bilico sul precipizio, ha ancora lo sguardo fisso nel vuoto. E nemmeno il padrone del vapore più longevo, il ragazzino 85enne Bernie Ecclestone, oggetto di attacchi sempre più diretti (l’ultimo di Sergio Marchionne: «Dobbiamo aiutarlo a gestire il passaggio di consegne...»), gode di buona salute.
Il male è comune: tangenti, corruzione. Il calcio scivola sulla rabona mal riuscita della doppia assegnazione (mai visto prima su questi schermi: peccato di ingordigia del vecchio Sepp) del Mondiale 2018 e 2022 a Russia e Qatar. Usa a bocca asciutta per colpa del voltafaccia di Platini, che si fa sedurre dagli sceicchi. Lanciati al galoppo dal ministro della Giustizia americana, Loretta Lynch, arrivano i nostri: da quando l’Fbi entra in campo, 17 membri su 24 dell’Esecutivo Fifa protagonisti della doppia votazione del 2 dicembre 2010 finiscono radiati, sospesi o sotto inchiesta. La richiesta di squalifica a 8 anni per gli ex sodali Blatter e Platini — incastrati dal pagamento postumo di 2 milioni di franchi — è l’onda di un’inchiesta che la Lynch annuncia «ancora lunga, l’ampiezza del fronte della corruzione è inconcepibile, rivoltante il livello di tradimento della fiducia: tutti i colpevoli nell’ombra verranno stanati». Nemmeno con John Gotti gli Usa avevano usato un pugno così duro, ma da Havelange in poi si è abbassata la soglia della morale, il malaffare è dilagato, al buffet dell’Hotel Baur du Lac di Zurigo ormai all’alba servono café au lait e fragranti retate, gli sponsor minacciano di andarsene, schifati dai traffici per assicurarsi un Mondiale o i diritti tv di eventi che sopravviveranno a chi li ha dissanguati: secondo l’Fbi dal 1991 alla Fifa sono circolati 200 milioni di dollari in mazzette. Cadono noti briganti (Chuck Blazer, Jack Warner), traballa un mito scheggiato come Franz Beckenbauer, chiamato a giustificare un pagamento sospetto alla Fifa prima dell’assegnazione del Mondiale 2006 (alla Germania).
Non ci sono più gli Dei di una volta. Lamine Diack, 82 anni, erede di Primo Nebiolo sulla poltrona più nobile della Iaaf, è un caudillo senegalese senza carisma indiziato di aver coperto per anni il doping della Russia squalificata sine die (essere plagiato da uno dei suoi 15 figli, Papa Massata Diack, ex dirigente della Federatletica internazionale grazie a papi, non costituisce un alibi). C’è un dossier di 300 pagine alla nitroglicerina dell’antidoping mondiale a metterlo nei guai, oltre a un’inchiesta della magistratura francese (mai che lo sport riesca a dotarsi degli anticorpi necessari per provvedere a se stesso). Seb Coe, il mito passato dietro alla scrivania, successore di Diack, in Inghilterra gode di pessima stampa. L’hanno costretto a dimettersi da consulente Nike e il cerchio sembra stringersi ora che il suo braccio destro Nick Davies, sospettato di aver insabbiato il doping russo, si è dimesso.
Siamo disposti a pagare un riscatto, però ridateci lo sport.