Corriere della Sera

Vittori l’uomo da barricate che creò il mito Mennea

- Valerio Vecchiarel­li

La vigilia di Natale ha portato via Carlo Vittori ( foto con Mennea), il Professore dell’atletica italiana, l’uomo dai mille spigoli e dalle immense conoscenze, l’altra metà della coppia che ha segnato un’epoca dello sport italiano. Il primo giorno di primavera di due anni e mezzo fa fu Pietro Mennea a precederlo nell’ultima corsa e lui quel giorno provò a raccontare, a ricordare, ad alleviare la curiosità di chi gli chiedeva dell’allievo che aveva segnato la sua vita di insegnante, consiglier­e, maestro, allenatore di quell’uomo magro e ombroso con cui riuscì a spostare i confini del mondo. Alla fine gli uscirono poche parole, il resto rimase incastrato dentro agli spigoli. All’improvviso a 84 anni il suo cuore lo ha abbandonat­o, suonando la campana che segna la fine di un’era dello sport azzurro, quella del primato del mondo di Città del Messico, dell’oro in rimonta su Allan Wells, lo scozzese volante, all’Olimpiade di Mosca, 200 metri di gloria e rabbia, un dito puntato al cielo e il Professore là, in tribuna, a godersi in silenzio il suo capolavoro disegnato nella perfetta macchina da corsa messa a punto a Formia in interminab­ili ore di lavoro proibito ai comuni mortali, di studi di meccanica applicata, di teorie e urla, rabbie, musi lunghi e un infinito affetto. Chi c’era quel giorno a Mosca racconta di un Mennea pallido come un cencio che nella call room dell’appuntamen­to con la storia biascica un «Io non corro, non ce la faccio, quello è un pazzo…» e il «pazzo» che si allontana, non vuole parlarci, sa che si è arrivati alla perfezione, ma non vuole più alimentare gli attriti. Mennea corse e fece quello che Vittori sapeva. Non solo Mennea, altri allievi illustri in Fiasconaro, Sabia, Pavoni, la staffetta veloce che al Mondiale di Helsinki arrivò all’argento, stretta tra gli Usa di Carl Lewis e la Russia dello sport di stato. Non si teneva dentro quello che pensava, litigava per affermare un pensiero puro, era sempre sulle barricate, fino agli ultimi giorni in cui continuava a dispensare saggezza e conoscenze nelle aule della scienza sportiva. Formidabil­i quegli anni. Carlo Vittori li ha portati via con sé.

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