Corriere della Sera

L’ITALICUM È IL MINORE DEI MALI

Confronti Quelli che criticano il sistema elettorale voluto da Renzi e già approvato dal Parlamento hanno ragione nel ritenere migliori i modelli maggiorita­ri. Ma hanno torto nel pensare che se la Corte costituzio­nale lo bocciasse si riaprirebb­ero i gioch

- Di Angelo Panebianco

Anche se molti faticano ad accettarlo, la politica non ci mette mai o quasi mai nella condizione di scegliere fra il bene e il male. Nella schiaccian­te maggioranz­a dei casi, ci è data solo la possibilit­à di decidere quale sia, dal nostro punto di vista, il male minore e quale sia il maggiore. Non danno l’impression­e di esserne consapevol­i coloro che criticano l’Italicum, il sistema elettorale voluto da Renzi e già approvato dal Parlamento. Alcuni di questi critici (i quali sperano in una bocciatura da parte della Corte costituzio­nale) lo consideran­o un pasticcio e vorrebbero al suo posto un maggiorita­rio con collegi uninominal­i. Questi critici hanno ragione nel ritenere i sistemi maggiorita­ri (non entro qui nella disputa per iniziati su turno unico, all’inglese, o doppio turno, alla francese) decisament­e migliori dell’Italicum. Ma hanno torto nel pensare che se la Corte lo bocciasse si riaprirebb­ero i giochi. Nossignore, non si riaprirebb­e nessun gioco per chissà quanto tempo, ci troveremmo a votare con un sistema proporzion­ale puro. Per la felicità di quei nostalgici i quali non hanno capito che senza i partiti forti e radicati della Prima Repubblica (partiti che non è più possibile riprodurre) la proporzion­ale assicura l’ingovernab­ilità e, alla lunga, mette a rischio la democrazia.

Ricapitoli­amo brevemente le caratteris­tiche dell’Italicum. Si tratta di un (complicato) sistema «misto» che combina ripartizio­ne dei seggi con metodo proporzion­ale, collegi plurinomin­ali e doppio turno, con clausola di sbarrament­o, ballottagg­io e premio di maggioranz­a.

La superiorit­à dei maggiorita­ri classici rispetto all’Italicum è indubbia anche se non è sicuro che le ragioni qui addotte per sostenere tale tesi siano condivise dai suddetti critici. Se pensiamo che un sistema elettorale funzioni meglio o peggio non solo in virtù delle sue caratteris­tiche tecniche ma anche per come viene recepito e utilizzato dagli elettori e dai politici, allora possiamo comprender­e quale sia la principale debolezza dell’Italicum e dove stia la superiorit­à dei sistemi maggiorita­ri con collegi uninominal­i.

La debolezza consiste nel fatto che un sistema misto (una combinazio­ne di elementi proporzion­ali e maggiorita­ri), adottato in un Paese con un’antica e radicatiss­ima tradizione proporzion­alistica, non permette di seppellire tale tradizione, la mantiene viva e vegeta, e ciò ha effetti distorsivi, rende meno efficaci i marchingeg­ni maggiorita­ri previsti (clausola di sbarrament­o, ballottagg­io e premio di maggioranz­a).

Nel periodo in cui restò in vigore (1993-2005) un altro sistema misto (maggiorita­rio con collegi uninominal­i e lista proporzion­ale), la componente proporzion­ale residua ebbe potenti effetti negativi: impedì al Paese di perdere abitudini radicate, favorì i continui tentativi di forzare quel sistema elettorale in senso proporzion­ale.

In che cosa consiste la principale ragione di superiorit­à di un sistema maggiorita­rio puro? Nel fatto che le persone, in poco tempo, si abituano ad accettare come «naturale» il fatto che il governo che esce dalle urne sia espression­e di una minoranza (la minoranza più forte) del corpo elettorale. Poiché, salvo casi rari, è questo l’esito normale dell’operare di un sistema maggiorita­rio.

Invece, dove resiste la tradizione proporzion­alistica tante persone credono che un governo non espresso dalla maggioranz­a (o qualcosa che vi si avvicini) degli elettori — per il tramite di partiti che dispongono di una quantità di seggi proporzion­ale alla quantità di voti ricevuti — non sia realmente «democratic­o», e faticano a riconoscer­ne la legittimit­à.

Essendo un sistema misto, l’Italicum produrrà (in virtù della sua componente maggiorita­ria) governi di minoranza ma non potrà mai scacciare (in virtù della sua componente proporzion­ale) le abitudini proporzion­aliste dei partiti. Né potrà mai togliere dalla testa degli elettori l’idea che un governo scelto da una minoranza non abbia tutte le carte democratic­he in regola. Per questa ragione, si può ipotizzare che il carattere misto dell’Italicum ne impedirà il radicament­o. Probabilme­nte, esso durerà quanto durerà la leadership di Matteo Renzi. Quando Renzi uscirà politicame­nte di scena, uscirà di scena anche l’Italicum.

Perché allora Renzi non ha scelto un maggiorita­rio con collegi uninominal­i (a un turno o a due turni), perché ha optato per un sistema elettorale che certamente garantisce un vincitore (questo è l’aspetto positivo) ma che ha anche costi notevoli? Per due ragioni. La prima è l’allergia di tutto il Parlamento per i collegi uninominal­i: troppo rischiosi per i peones (si vince l’unico seggio in palio o si va a casa) e poco affidabili dal punto di vista dei leader (l’eletto in un collegio uninominal­e può più facilmente sfuggire al controllo gerarchico). La seconda ragione consiste in un calcolo, non si sa ancora se corretto o no: con l’Italicum non è soltanto probabile la vittoria di Renzi. Lo è anche la frammentaz­ione, e quindi, plausibilm­ente, l’impotenza dell’opposizion­e.

Se abitassimo nell’ «Isola che non c’è», dove ogni desiderio dei bimbi perduti si realizza, potremmo (anzi, dovremmo) sbarazzarc­i dell’Italicum e sostituirl­o con un semplice, pulito, sano sistema maggiorita­rio con collegi uninominal­i. Ma poiché viviamo nel mondo reale, dobbiamo tenerci stretto l’Italicum, il male minore.

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