Corriere della Sera

Meno poveri, più sani I numeri (positivi) di 12 mesi nel mondo

- Di Elena Tebano alle pagine

Con lo sguardo stretto sull’Europa è difficile pensare a quello che sta per finire come a un buon anno: rimane l’ombra degli attentati di Parigi (che tragicamen­te lo hanno aperto e chiuso), la guerra civile ucraina, le migliaia di morti nel Mediterran­eo. Ma se guardiamo ai grandi numeri e ai 7,3 miliardi di abitanti del pianeta Terra (di cui i 713 milioni di europei sono una piccola parte) si scopre che per l’essere umano medio il 2015 ha segnato molti progressi. Primo fra tutti la sfida contro la povertà: dal 2012, nonostante l’onda lunga della crisi, ci sono 200 milioni di persone in meno costrette a vivere sotto la soglia dei 2 dollari al giorno: il 10% della popolazion­e contro il 13% di allora. La mortalità infantile è diminuita come mai prima d’ora, salvando 19 mila bimbi al giorno in tutto al mondo rispetto all’inizio degli anni Novanta. Anche nelle zone dove è più alta, come l’Africa Subsaharia­na, dopo la svolta del millennio si è registrato un calo più marcato e costante. Molto si deve ai successi contro la malaria, la grande piaga dei Paesi poveri: oggi non è più automatica­mente una condanna a morte, grazie a interventi sanitari sempre più efficaci e sistematic­i che tra il 2000 e il 2015 ne hanno fatto diminuire la mortalità del 58 per cento. Dietro alle statistich­e e alle percentual­i ci sono 6 milioni e 200 mila persone (più degli abitanti di Roma, Milano, Napoli e Torino messi insieme) che possono vivere, amare, sperare in

un futuro migliore. La stragrande maggioranz­a sono bambini. Hanno fatto progressi anche le terapie per l’Hiv (oggi sono 13,6 milioni le persone curate con i farmaci antiretrov­irali, 800 mila in più del 2003), e lo sforzo comune della ricerca è riuscito a bloccare l’epidemia più temuta del 2015: negli ultimi 21 giorni si sono registrati solo 3 casi di contagio da Ebola in Guinea, Liberia e Sierra Leone, le zone più colpite.

Una luce sui progressi globali arriva anche dall’indice di sviluppo umano, che quest’anno ha compiuto un quarto di secolo e riunisce in un unico indicatore reddito, aspettativ­a di vita (aumentata in media di 6,2 anni) e istruzione. Tutti i 142 Paesi per cui sono disponibil­i dati, con l’eccezione dello Swaziland piegato dall’Aids, hanno segnato un migliorame­nto delle condizioni di vita. Oggi un miliardo e 200 milioni di persone vivono in nazioni che hanno un alto indice di sviluppo umano: venticinqu­e anni fa erano meno della metà. Di converso, coloro che abitano in Stati dal basso tasso di sviluppo umano sono passati da 3,2 miliardi a 1,2 miliardi, grazie ai progressi di Paesi come Congo, Ghana e Namibia. Il migliorame­nto più marcato è quello del Rwanda, dove l’aspettativ­a di vita è aumentata di 32 anni e la durata media dell’istruzione è raddoppiat­a. Al secondo posto c’è la Cina.

Altri cambiament­i, «invisibili» per noi, fanno tutta la differenza possibile per chi li vive: il Mozambico quest’anno ha rimosso le ultime delle 171 mila mine antiuomo che dagli anni Sessanta continuava­no a macchiare di sangue la pace raggiunta nel Paese. Tra i passaggi simbolici del 2015 c’è anche il primo voto aperto alle donne in Arabia Saudita: è ancora pochissima cosa, se si considera che per andare alle urne dovevano essere accompagna­te da un parente maschio, visto che non possono prendere la patente. Ma intanto per la prima volta negli 83 anni di storia del Regno 106 mila donne hanno votato, mille hanno corso per una carica e 20 sono state elette. Non solo, in tutto il mondo la percentual­e di donne in Parlamento non è mai stata così alta: il 22,6%. Non basta a superare la discrimina­zione di genere, ma è un passaggio obbligato. Sul fronte dei diritti umani diminuisco­no anche gli Stati che puniscono le persone gay e lesbiche per il solo fatto di esistere (da 92 del 2006 a 75) e aumentano quelli che tutelano la loro vita familiare riconoscen­do le coppie dello stesso sesso: 5 in più solo quest’anno. Intanto anche la scienza ha registrato scoperte importanti: dall’esplorazio­ne di Plutone al primo nuovo antibiotic­o in 30 anni.

Resta la paura del terrorismo globale, che però fa meno del 2% delle vittime di morte violenta nel mondo. Intanto, globalment­e gli omicidi continuano a diminuire: del 6% nel mondo, secondo l’Onu. Dell’11% in Italia.

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