E la nonna consigliò un libro di Scerbanenco
Il senso civico spiegato a un papà davanti a un semaforo rosso
Primo mattino, ancora buio. Un’auto, tre persone a bordo. Guida il più giovane, con il padre a fianco. La nonna, sistemata dietro, tra borse e provviste. Ha insistito per portarle, figlio e nipote la prendono in giro: i supermercati ci sono anche tra i monti! Poi lasciano perdere. Sanno che il rituale fa parte della vacanza familiare. Caricare un’automobile è un modo di stare insieme.
Annamaria ha settantanove anni. Vedova da poco, dopo una vita di lavoro. Alta, asciutta, scarpe sensate, suole di gomma. Si porta dietro la reputazione di donna autoritaria, ma è solo una donna forte. Ha visto l’Italia segnata prima dalla bombe e poi dall’incuria. Ma sempre, sotto le bombe e davanti all’incuria, lei stava con gli italiani che provavano a ricostruire.
Paolo, suo figlio, ha cinquantatré anni. Architetto, uomo sfiduciato: la vera professione è, forse, quest’ultima. È stato di sinistra, poi ha affidato la protesta ad almeno cinque diverse formazioni politiche, con risultanti ugualmente deludenti. Divorziato, ha un figlio — Filippo, nato nel 1993 — che vive con lui. Il ragazzo non ha assorbito il pessimismo del padre. È curioso, volonteroso, moderatamente ottimista. Crede che, dopo l’università, troverà un lavoro. Oppure, come dice nelle serate fataliste, un lavoro troverà lui.
PAOLO ( fissando la strada): Filippo, stai guidando senza amore.
FILIPPO: Nel senso che sto portando in montagna papà e nonna, ma non ho la fidanzata? Corretto.
PAOLO: Intendo dire: tratti l’automobile come fosse solo uno strumento. Nessuna empatia.
FILIPPO: Se vuoi le sussurro parole dolci in sorpasso.
PAOLO: Non fare lo spiritoso. Sai cosa voglio dire. Dell’auto non ve ne frega niente. Tu e i tuoi coetanei. La usate e basta.
FILIPPO: Scusa, cosa dovremmo fare? Scendere in garage e accarezzarla?
ANNAMARIA: Ricordate il nonno, con la Lancia Delta? La puliva con il piumino. Due volte: alla partenza e all’arrivo. E non voleva cambiarla. Messo alle strette, avrebbe cambiato me.
PAOLO (rassegnato): Sono figlio di un’emotiva e padre di un estremista.
FILIPPO: Va be’, illuminaci: come innamorarsi di una Volkswagen. ANNAMARIA (ridendo): Auto di facili costumi. FILIPPO: Auto del Danno 2015. PAOLO (sbuffando): Certo che quando voi due vi mettete è dura parlare seriamente. Un’auto è una cosa seria. Dev’essere adatta a noi, va scelta con attenzione. Bisogna ricordare la manutenzione. Bisogna avere un posto dove metterla. Bisogna starle dietro.
FILIPPO: E se uno non avesse tempo, voglia e soldi per queste cose? Se non volesse passare mezz’ora ogni sera cercando parcheggio? Ti sei mai chiesto perché tanti di noi usano Enjoy in città e BlaBlaCar per i viaggi? Perché il car sharing funziona? Perché l’auto è un mezzo, papà. Non un fine. Io vado in treno volentieri, ma non voglio acquistarlo.
PAOLO (caustico): Siete tornati al noleggio. Bel progresso.
FILIPPO: Se un’idea è buona... Anche la bicicletta non è una novità, ma funziona e ci piace. Sempre che non arrivino i bravi automobilisti alle spalle e ci mettano sotto. Con amore, ovviamente. PAOLO (rassegnato): Fiat voluntas tua. ANNAMARIA (ridendo): Filippo, papà vuole regalarti la Cinquecento.
PAOLO: Ahahahahahah. A proposito: perché sotto i trenta scrivete tutti «Ahahahahahah» nei messaggi? Qualcuno me lo deve spiegare.
FILIPPO: Gli antichi scrivevano LOL, Laugh Out Loud, o Lots of Laughs, grasse risate. Stessa roba.
PAOLO: Non siete certi di saper usare l’ironia e vi rifugiate in una sigla. Complimenti! (dopo una pausa, fissando il taxi che li precede). E Uber? Perché gente senza licenza deve portar via lavoro ai taxisti?
ANNAMARIA: Segnalo, Paolo, che i taxisti ti stavano antipatici, fino a un anno fa: troppo cari, troppo pochi, troppo loquaci, troppo tutto. Adesso sono i tuoi eroi.
PAOLO: Almeno conoscono la città e pagano le tasse.
FILIPPO (irritato): Perché tutta questa ostilità verso chi ha provato a inventarsi un lavoro? E quanta gente usa Uber? A Roma si sono inventati una «linea alternativa» della metropolitana. Metropolitana che, il pomeriggio di Natale, ha chiuso i cancelli: arrivederci e grazie. Il cambiamento va avanti: opporsi è inutile.
PAOLO: È cambiata anche questa città. In peggio. Guardate com’è conciata.
FILIPPO: A me Milano piace. Soprattutto a quest’ora del mattino. ANNAMARIA: Sottoscrivo: i rompiballe dormono. PAOLO: Mamma, si dice «rompiscatole». ANNAMARIA: A ottant’anni una donna riacquista la libertà di parola di quando ne aveva venticinque. Dice quello che le passa per la testa e tutti ascoltano ammirati. FILIPPO: Cosa non ti piace di Milano? PAOLO: Da dove comincio? Abbiamo solo due ore di viaggio. ANNAMARIA: Allegria!, diceva Mike Bongiorno. PAOLO: Primo: è una città inquinata, anche se non è l’unica. Guarda che non è uno scherzo. Le polveri sottili superano la barriera del sistema respiratorio, entrano nei polmoni e nel sangue. Milano non è Pechino, ma far finta di niente è da pazzi. ANNAMARIA: Fermano le auto per tre giorni. PAOLO: Ci vuol altro. ANNAMARIA: Milano, dopo Bolzano, è la città più vivibile d’Italia, ho letto.
PAOLO: In quelle classifiche non calcolano l’inquinamento.
ANNAMARIA: E Expo, alla faccia di voi catastrofisti, ha funzionato.
PAOLO: Come parco divertimenti, senza dubbio. Per il resto, parliamone.
FILIPPO: Anche no, papà. A Expo, quest’anno, noi due abbiamo dedicato lo stesso tempo. Tu criticandola con i tuoi colleghi, io andandoci con i miei amici.
ANNAMARIA: Expo ha fatto bene a Milano. Una carica di autostima, ce n’era bisogno. Me le ricordo, Milano e Torino, quand’ero giovane, negli anni ‘60: contava solo produrre. Me le ricordo negli anni ‘80, quando si aveva paura di uscire di casa. Ecco perché oggi mi piace vederle così: due città in forma.
PAOLO (infastidito): Ringraziate Roma. Al confronto, tutto sembra funzionare. Guardatevi intorno, santo cielo! Le periferie sono diventate l’approdo dei migranti. Arrivano e trovano rifugio tra le frange delle città, litigandosi il territorio con i poveri residenti. Grande strategia urbanistica!
FILIPPO: Le città non sono orizzontali: vivono su un piano inclinato. Le novità rotolano verso l’esterno. ANNAMARIA: Bello, dove l’hai letto? FILIPPO: Boh, Facebook. ANNAMARIA: Leggi «Venere privata» di Giorgio Scerbanenco, Filippo. Un bel libro. Spiega il motivo per cui i malavitosi portavano i loro affari in periferia, negli anni del boom economico: in caso di guai, scappavano più in fretta.
PAOLO (girandosi verso la madre): Bei tempi, quando i malavitosi dovevano scappare! Adesso stanno lì belli tranquilli. Ci fregano su internet. Ci rifilano prodotti alimentari discutibili. Ci vendono patacche finanziarie. Ogni tanto, per mantenersi in movimento, ci entrano in casa e vuotano gli armadi.
ANNAMARIA: Da giovane non eri così pieno di pessimismo. Dev’essere una cosa che sale coi trigliceridi.
PAOLO (mentre Filippo rallenta e si ferma al semaforo): Guarda che non c’è nessuno.
FILIPPO: Lo so. Ma vedi quel colore? Uno dei tre colori della bandiera italiana. Non è bianco. Non è verde. È rosso!
PAOLO (guardando fuori dal finestrino): Un semaforo italiano è un consiglio, non un ordine. Li mettono lì per togliersi la responsabilità.
ANNAMARIA: Per quelli come te è l’inizio di una discussione. Quanto ti piace! «Che tipo di rosso sarà?». Pedonale, ciclabile, urbano, extraurbano, attraversamento scolastico? Vuoi decidere se la regola s’adatta al tuo caso particolare. PAOLO: Cosa c’è di male? ANNAMARIA: C’è che uno Stato con sessanta milioni di casi particolari non va da nessuna parte.
FILIPPO (sospirando): Pietà di me! Ho quasi ventitré anni e da venti sento sempre gli stessi discorsi.
PAOLO: Non dar retta alla nonna. Li hanno vaccinati con l’educazione civica, negli anni Quaranta, e sono venuti su così.
FILIPPO: Se andate avanti così, stasera potrei chiudervi fuori di casa. Nella neve, se c’è. Esiste un crimine specifico di cui potrei essere accusato? ANNAMARIA: Crudeltà verso gli anziani. PAOLO: Se esistesse la fattispecie di reato, i nostri governanti sarebbero nei guai.
ANNAMARIA: Secondo me, se la passano peggio i ragazzi come Filippo. Noi una pensione ce l’abbiamo, loro chissà. FILIPPO (applaudendo): La nonna ha un cuore! ANNAMARIA: Ti sembro sentimentale? È così e basta. Chi non lo capisce non è un egoista: è un cretino. Dài, guida che è meglio. E tieni le mani sul volante.
Negli anni 60 contava produrre, negli 80 avevi paura di uscire di casa
Annamaria I migranti: si litigano il territorio con i residenti: che strategia urbanistica!
Paolo Le città vivono su un piano inclinato. Le novità rotolano verso l’esterno
Filippo