Il rebus dei rimborsi agli obbligazionisti
La strada per ottenere l’indennizzo non è ancora chiara. Il Fondo coprirà solo una parte
Le cessioni Difficile che si possa recuperare qualcosa dalla cessione dei crediti in sofferenza
Affidarsi al Fondo di Solidarietà, o sperare che i liquidatori delle quattro banche dissolte riescano a strappare qualcosa agli ex amministratori, sindaci e società di revisione alle quali hanno fatto causa. Gli obbligazionisti subordinati delle banche messe in risoluzione a fine novembre, devono solo incrociare le dita, perché non ci sono altre possibilità concrete di recuperare anche solo una parte del capitale investito e oggi interamente perduto.
Preclusa la possibilità di rivalersi sulle nuove banche nate dopo la risoluzione, azionisti ed obbligazionisti possono solo battere cassa alla liquidazione coatta dei vecchi istituti, che però non hanno attivi. Salvo quelli che riusciranno a recuperare dagli ex manager delle banche finite nel dissesto. Semmai ci riusciranno.
Altre strade rispetto alla soluzione adottata, spiega il Tesoro, sarebbero state complessivamente «più costose per i creditori della banca». Secondo la Banca d’Italia, la liquidazione coatta amministrativa delle banche dissestate, unica alternativa possibile, avrebbe comportato anche la cancellazione delle obbligazioni «senior» ed il sacrificio dei depositi di importo superiore ai 100 mila euro.
In quel caso, spiegano sempre al Tesoro, tutte le attività liquidate non sarebbero mai bastate a coprire le passività e rimborsare tutti, compresi gli obbligazionisti subordinati. Che non avrebbero comunque ottenuto nulla, come gli azionisti, e ai quali oggi non resta che sperare nel Fondo o nelle cause milionarie contro gli ex amministratori, sindaci e società di revisione.
Per CariFerrara i commissari di Bankitalia, ed oggi la liquidazione coatta, chiedono un risarcimento di 300 milioni. Per Banca Marche, all’ex direttore generale, ad alcuni membri del Cda e del collegio sindacale e alla Price Waterhouse che revisionava i bilanci, sono stati chiesti 282 milioni. La causa è partita a luglio, ma avrà tempi biblici. Solo a metà dicembre il Tribunale di Ancona ha deciso di fissare la prima udienza, mettendola in calendario per l’ottobre del 2016.
L’unica speranza concreta di recuperare almeno una parte dei denari investiti resta quella di affidarsi al Fondo di Solidarietà, anche se non tutti potranno farlo. Nelle intenzioni del governo il Fondo dovrebbe intervenire solo a favore dei risparmiatori più deboli, quelli indotti dalle banche a fare investimenti troppo rischiosi o sproporzionati, e solo dopo il giudizio di un arbitrato. L’Economia e la Giustizia stanno già impostando il decreto per stabilire i criteri di accesso e i limiti dell’intervento del Fondo, che sarà comunque parziale. Ma è un’operazione delicata, perché il governo vuole evitare ogni contenzioso, soprattutto con la Ue, e ci vorrà del tempo. Nel mentre Palazzo Chigi dovrà, con un decreto del Presidente del Consiglio, se non con un nuovo apposito decreto legge, disciplinare il funzionamento dei collegi arbitrali ed affidarli formalmente all’Autorità Anticorruzione.
L’altra soluzione che azionisti e obbligazionisti avevano intravisto e sollecitato per recuperare almeno parte degli investimenti, era legata alla possibilità di realizzare più soldi del previsto dalla vendita dei crediti in sofferenza delle banche dissolte, rilevati da una società speciale, una bad bank. Il governo, però, è assolutamente scettico. Nella bad bank sono finiti 8,5 miliardi di sofferenze, svalutate a 1,5 miliardi seguendo i criteri dettati dalla Ue. Ma il governo ha dovuto metterci anche una garanzia di 400 milioni di euro, perché per la Commissione quei crediti valgono anche di meno. Dal loro realizzo dovrebbero già saltare fuori 3,2 miliardi per rimborsare il Fondo di risoluzione che ha finanziato la bad bank (1,5 miliardi) e il sistema bancario che ha ricapitalizzato (1,7 miliardi) le quattro nuove banche. «Irrealistico» pensare, dice il Tesoro, che resti ancora qualcosa per azionisti e obbligazionisti.