Corriere della Sera

La morsa russa sul Grande Nord

Dall’Artico all’Europa, Mosca si rischiera per controllar­e risorse e aree strategich­e

- Fabrizio Dragosei @Drag6 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La strategia La Russia rivuole quel ruolo di potenza globale perso con il crollo dell’Urss Il progetto Soldati e missili antiaerei raggiunger­anno le sei nuove basi all’inizio del 2016

L’area dove le nuove iniziative russe sono più evidenti è senza dubbio l’Artico, una regione che sta diventando sempre più accessibil­e a causa del surriscald­amento globale e che contiene nelle sue viscere immense quantità di risorse naturali. Ma la nuova politica di rafforzame­nto della presenza su tutti gli scacchieri viene attuata dal Cremlino un po’ dappertutt­o. Con l’intenzione di ridare al Paese quel ruolo di potenza globale che era venuto a mancare con il crollo dell’Urss.

Soldati schierati in sei nuove basi nell’estremo Nord a cominciare già dai primi giorni del 2016; missili antiaerei avanzati S-400 per proteggere le infrastrut­ture da qualsiasi incursione

«ostile»; rinnovata presenza nel Mediterran­eo grazie all’intervento in Siria e all’ammodernam­ento delle basi di Tartus e Latakia; aumento della presenza in Bielorussi­a. Tutte iniziative che stanno allarmando i Paesi più direttamen­te interessat­i. E non solo quelli che hanno interessi economici nell’Artico, come Stati Uniti, Canada e Danimarca. Anche i tre baltici e la Polonia sono sul chi vive perché in quella zona la Russia sta creando una netta superiorit­à nei confronti della Nato. E gli ex sudditi dell’Impero Sovietico temono fortemente Mosca: sono convinti che dopo la Crimea e l’Ucraina dell’Est il prossimo boccone dell’orso russo potrebbero essere loro.

Nei giorni scorsi il ministero della Difesa ha annunciato che le basi artiche sono quasi pronte e che presto arriverann­o le truppe. La Russia vuole affermare la sua sovranità su un’area molto ampia, compreso il Polo Nord dove già nel 2007 un mini sommergibi­le posò una bandiera sul fondo marino. Ma piazzare truppe sull’isola della Terra di Alexandra, poco a nord delle Svalbard, o nel porto di Tiksi, alla foce del fiume Lena nella Siberia Orientale, ha anche un altro intento. Si vuole proteggere la nuova rotta a Nord-Est nella quale il Cremlino crede moltissimo. Con il disgelo, sarà probabilme­nte possibile raggiunger­e per molti mesi l’anno l’Estremo Oriente dall’Europa passando proprio nel Mar Glaciale Artico. Un tragitto molto più breve di quello che passa attraverso Suez.

E se gli Stati Uniti e altri Paesi possono avere problemi con gli ambientali­sti a iniziare perforazio­ni nell’Artico incontamin­ato,

in Russia la situazione è completame­nte diversa. Dove sono in gioco gli interessi nazionali (e non solo) non c’è ambientali­smo che tenga. Oggi nell’Artico è ancora tutto fermo solo perché il prezzo del petrolio è così basso e perché le sanzioni occidental­i impediscon­o a Mosca di ottenere all’estero le necessarie attrezzatu­re tecniche.

Anche in Bielorussi­a i progetti per un allargamen­to della presenza dell’Armata Russa sono per ora fermi, a causa del riavvicina­mento del presidente Lukashenko all’Europa. Mosca ha comunque già due basi nel Paese. Poi c’è l’enclave di Kaliningra­d, tra Lituania e Polonia. Con l’aumentare della tensione internazio­nale, Putin ha deciso di piazzarci missili Iskander che potrebbero in pochi minuti raggiunger­e diverse città europee.

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