I reati commessi da minori Italia meglio di tutti nella Ue
Sarebbe fin troppo facile e rassicurante rifugiarsi nell’emarginazione per giustificare i crimini degli attentatori di Parigi, ma è un dato di fatto che molti terroristi avevano alle spalle un passato di devianza in età minorile che i sistemi giudiziari di Francia e Belgio non sono riusciti a gestire quando sarebbe stato il momento. In Italia può accadere lo stesso? «Non si può dire che c’è meno rischio, ma da noi le condizioni di base sono migliori» dice Laura Laera, presidente del Tribunale per i minorenni di Firenze, che però teme che in Parlamento si possa intervenire sulla riforma in esame compromettendo la tenuta della giustizia minorile, ad esempio con l’abolizione dei Tribunale per minorenni.
A scatenare gli attentatori nati e cresciuti in Francia e in Belgio è stato l’integralismo islamico maturato in un ambiente in cui avevano già dato segni di devianza. Anche se non è così per tutti. Abdelhamid Abaaoud, mente degli attentati, ucciso nel blitz di Saint Denis, era uno studente spensierato di uno dei più prestigiosi licei di Bruxelles. «In Italia il fenomeno immigratorio è ancora troppo giovane e ridotto e l’integrazione è migliore e più diffusa. Non ci sonno quartieri come le banlieue parigine o Molenbeek di Bruxelles popolati solo da immigrati o da figli di immigrati anche di terza generazione», sostiene Laura Laera secondo la quale «casomai ci sono interi quartieri di grandi città che sono una fucina di delinquenza e dove gli emarginati sono giovani italiani. E’ la prova che la ghettizzazione produce delinquenza». Nessun pericolo allora? Joseph Moyersoen, giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Milano e presidente dell’associazione europea dei magistrati minorili, non ci pensa su un attimo: «Chi può dirlo? Bisogna capire chi si nasconde dietro questi ragazzi sbandati, frutto di una società destrutturata e consumistica, plagiati dagli jihadisti e indottrinati all’estremismo islamico, e continuare a svolgere il nostro lavoro senza arretrare, promuovendo buona integrazione». La giustizia minorile italiana, considerata tra le migliori, tra riforme e tagli agli interventi sociali rischia di perdere il primato. «Anche se non si può fare a meno del tutto dei trattamenti repressivi, noi — spiega Laera — puntiamo al recupero del minore e alla responsabilizzazione nei confronti di se stesso e della società facendo di tutto affinché rimanga nel circuito penale e detentivo il meno possibile. Bisogna rafforzare gli strumenti sociali e gli interventi sulle buone comunità di recupero perché l’integralismo si combatte anche con l’istruzione e la cultura».
Secondo l’ultima ricerca transnazionale, l’Italia ha il più basso tasso di delinquenza minorile rispetto agli altri Paesi della Ue e agli USA con 10 autori di reati ogni mille soggetti imputabili contro 33 in Inghilterra, 43 in Francia e 82 in Germania. La Francia, dove la giustizia minorile è fortemente repressiva, ha avviato un programma di prevenzione che, ispirandosi anche all’Italia, prevede la flessibilità della pena attraverso misure alternative. Il timore è che, come dice Moyersoen, «un sistema che ci viene invidiato in tutto il mondo possa essere stravolto da interventi che prevedono la chiusura dei Tribunale per i minorenni e la nascita di quello della famiglia all’interno nei tribunali ordinari» perché, ricorda Laura Laera, «l’esperienza insegna che la giustizia minorile funziona quando è al di fuori di quella ordinaria».