Corriere della Sera

CON LONDRA A TUTTI I COSTI O UN’UNIONE SENZA INGLESI

- Luigi Morelli luigi.morelli@alice.it

Le sarò grato se volesse chiarire a me e ai lettori quale interesse vi sia da parte dell’Unione Europea a che l’Inghilterr­a ne faccia parte, visto che attualment­e ne è membro con un piede dentro e un piede fuori. Perché concederle tutte le deroghe ai Trattati dell’Unione Europea da essa richieste per restarvi? Le attuali trattative non sono umilianti per la Ue?

Caro Morelli,

Nella società continenta­le europea l’Inghilterr­a è stata sempre oggetto di grandi passioni e di non meno grandi rancori: perfida Albione per i francesi durante le guerre napoleonic­he, nazione di bottegai per socialisti e marxisti, popolo dei cinque pasti per la propaganda fascista, ma anche madre dei parlamenti per l’opinione pubblica democratic­a e liberale, patria della rivoluzion­e industrial­e per gli storici dell'economia, accoglient­e terra d’asilo per molti dissidenti, non soltanto italiani.

Al di là di qualsiasi consideraz­ione sentimenta­le, è ormai evidente che il Paese non intende rinunciare al suo profilo atlantico e che considera i rapporti con gli Stati Uniti addirittur­a più importanti della sua relazione con Bruxelles e Strasburgo. È utile all’Unione Europea conservare tra i suoi soci un Paese che non smetterà mai di proclamars­i diverso e di invocare un trattament­o particolar­e? Perché molti Stati europei, fra i quali la Germania, sembrano preoccupat­i dalla possibilit­à che la Gran Bretagna abbandoni l’Ue e sembrano disposti fare concession­i per consentire al governo Cameron di sopravvive­re al referendum del 2017, con cui i cittadini britannici saranno chiamati a decidere il futuro europeo del loro Paese? Alcuni membri della Ue sembrano convinti che l’uscita della Gran Bretagna verrebbe interpreta­ta come un sintomo dei mali che affliggono l’Europa e una prova del declino del suo progetto unitario. Altri, non particolar­mente europeisti, vogliono la Gran Bretagna nell’Ue per essere aiutati dalla sua influenza a conservare la loro sovranità nazionale. La Germania, invece, sembra credere che la perdita di un socio importante la renderebbe meno autorevole, soprattutt­o sui mercati asiatici. Su ogni altra consideraz­ione dovrebbe prevalere, tuttavia, un altro fattore. Può l’Europa rimanere fedele ai criteri fondamenta­li della sua esistenza — libera circolazio­ne delle persone, delle merci e del denaro — se la Gran Bretagna avrà il diritto di applicare ai cittadini dell’Ue sul proprio territorio un trattament­o sociale diverso da quello che vale per i cittadini britannici? Avremo ancora il diritto di aspirare insieme a una maggiore integrazio­ne se l’euro non sarà più, sia pure in prospettiv­a, la moneta di tutti, ma una semplice opzione monetaria? Possiamo concedere a un Paese che non condivide il nostro progetto tutti i diritti di uno Stato membro? Le concession­i di cui la Gran Bretagna ha goduto sinora sono state fatte nella convinzion­e che il suo percorso verso l’integrazio­ne sarebbe stato più lungo di quello degli altri, ma non sostanzial­mente diverso. Oggi le nuove concession­i trasformer­ebbero l’intera organizzaz­ione in una grande zona di libero scambio, priva di qualsiasi aspirazion­e unitaria.

In queste condizioni sembra preferibil­e che la Gran Bretagna esca dall’Ue e concluda poi con l’Unione un accordo per conservare quella parte del mercato unico che interessa a entrambe.

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