Corriere della Sera

«Da Miss Italia ai risultati Qui da noi la sfida più grande è prendere sul serio le donne»

Il ritorno della Sensi: «Il calcio nel dna e Totti nel cuore»

- Gaia Piccardi

Il senso di Rosella per il calcio, dopo 18 anni ruggenti di As Roma, oggi abita in un sobrio ufficio della Lega Nazionale Dilettanti, dipartimen­to calcio femminile, troppo angusto per contenere la passione di una vita. «Adoro il calcio-spezzatino: in una domenica riesco a vedere quattro partite! In famiglia sono quella che ha ereditato l’amore di papà per il pallone. È nel mio dna: nonno Silvio fu tra i soci fondatori della Roma. Sviluppare il calcio donne in Italia è una sfida: con le ragazze riscopriam­o il senso di appartenen­za e un gioco più umano, godibile». Rosella Sensi, la presidente­ssa (2008-20011, dalla morte del padre alla cessione a UniCredit), è tornata a casa: « All’assemblea di Lega ho spiegato ai miei ex colleghi le potenziali­tà del movimento...». Risatine? «Non si permettono. Per me questo è un lavoro vero. Il calcio, maschile o femminile, non è difficile. Però è una cosa seria». I fatti di Locri lo dimostrano: «In un mondo civile si deve praticare sport liberament­e. Il 10 gennaio saremo tutti lì a tifare».

Perché proprio lei Rosella?

«Conoscevo il presidente Tavecchio: sono stata coinvolta da lui a fine ottobre. Di calcio donne sapevo poco: mi sono messa a studiare. La Figc ha imposto un cambio di attenzione, segnale importante. Arriviamo tardi rispetto al resto d’Europa, però arriviamo».

Con quale meta?

«Prima cosa: non sovrapponi­amo le donne agli uomini. C’è un modo diverso di appassiona­rsi e tifare. In Italia il calcio è declinato solo al maschile. Un problema di cultura, curiosità, società. Eppure da una ricerca marketing sulla Roma risultò che il 60% del pubblico era di donne. Portano i fidanzati allo stadio, comprano gadget. Ripartiamo da qui».

Però il calcio femminile — secondo lo stereotipo — fa venire le gambe grosse...

«Tirar calci non produce gambe grosse. Lo spiegherem­o alle mamme, che devono portare le bambine al campo con la tranquilli­tà con cui portano i figli; andremo nelle scuole, nelle famiglie, nei club maschili. Negli Usa voler diventare come Carli Lloyd, che nella finale del Mondiale ha segnato una tripletta al Giappone, è normale. Da noi sarà un processo lento: innanzitut­to dobbiamo capire come cambiare marcia».

La finale 2016 di Champions sarà a Reggio Emilia.

«Andrà sfruttata. Nei quarti c’è il Brescia, chissà...».

Il caso Belloli («Basta dare soldi a quattro lesbiche») era sembrato un ritorno al Medioevo.

«È stato una doccia fredda che ci ha danneggiat­i ma l’impulso al movimento era già in atto. In quella settimana ho sentito sdottorare espertoni di calcio femminile che poi sono spariti: che fine han fatto?».

L’esempio della Fiorentina (lanciare la squadra femminile con il totem Panico) verrà seguito anche da altri?

«Lo spero. I Della Valle hanno dimostrato, più di altri, di saper guardare avanti. Hanno

visto, prima di tutti, il futuro».

Certo 258 squadre femminili a regime tra A, B, Lega Pro e D sembrano un progetto un po’ utopistico...

«Non mi piace parlare di numeri né di tempistica, che pure ho in testa. Vorrei parlare di fatti, che presto arriverann­o, e di messaggi positivi: il calcio donne, in questo, sarà veicolo importanti­ssimo».

Intanto il difensore del Bari Debora Novellino, nipote di Walter, è stata iscritta alle selezioni di Miss Italia.

«Il concetto è: siamo belle, aggraziate e, ops, sappiamo anche giocare a pallone. Alice Sabatini, Miss Italia 2015, è una giocatrice di basket e nessuno ha protestato. Criticare Debora è un’assurdità. Anche così ci si batte contro i pregiudizi. Poi, certo, le ragazze vanno aiutate a vincere di più».

Il salto di qualità, infatti, deve passare necessaria­mente

dai risultati. Come?

«Dando seguito alla piccola rivoluzion­e di Tavecchio. Coinvolger­emo tutte le realtà del calcio: Federazion­e, Lega, società, media. Alzeremo il livello di profession­alità di tutto l’ambiente: educatori, tecnici, medici, fisioterap­isti. Presto vorrei in tv e sui giornali i risultati delle donne».

Si era parlato di lei come presidente della Lega di serie A e della Lnd, Rosella. Insegue una carriera politica?

«Boutade... Non ho alcuna velleità dirigenzia­le e ci sono regolament­i da rispettare».

Cosa le hanno insegnato quasi vent’anni di As Roma?

«Che da soli non si fa nulla. Il calcio è un gioco di squadra, in campo e fuori».

È tornata a vedere i gialloross­i allo stadio?

«Mai. Sono tornata all’Olimpico per la Nazionale. Ma senza striscioni, cori, colori l’ho vissuto con distacco».

Pallotta...

«La fermo. Non mi piace esprimermi su un’altra dirigenza. A parti invertite, non lo gradirei. Quindi taccio».

Ha sentito Totti di recente?

«A Natale, per gli auguri. Con Francesco c’è un affetto che non finirà mai. Il giorno del suo ritiro sarà triste e dovrà far riflettere il calcio italiano: chi mai potrà incarnare ciò che Totti rappresent­a da un quarto di secolo? Dopo l’autocritic­a, recuperiam­o le radici».

Il giorno più bello?

«Lo scudetto 2000-2001 e l’abbraccio con mio padre. Ho visto tutta la storia della Roma sul suo volto. Certo si poteva vincere di più, ma quando si fanno le cose per amore non si hanno rimpianti».

Con le ragazze di Locri In un mondo civile si deve praticare sport liberament­e: saremo tutti lì a tifare per loro

 ??  ?? Simbolo Patrizia Panico, ex capitano della Nazionale italiana, giocatrice della Fiorentina e bandiera del calcio femminile, si è schierata con le ragazze di Locri (Ansa)
Simbolo Patrizia Panico, ex capitano della Nazionale italiana, giocatrice della Fiorentina e bandiera del calcio femminile, si è schierata con le ragazze di Locri (Ansa)

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