Corriere della Sera

«Io e Drazen, di nuovo fratelli» Divac cambia il titolo del suo film

«Divisi dalla politica, oggi sento che quell’amicizia non è mai morta»

- Flavio Vanetti

ma anche l’incapacità di dare risposte a problemi importanti come l’immigrazio­ne: verso i profughi ci sono troppi rifiuti, anche da terre che erano ospitali. Poi ripenso al patto che noi del basket avevamo stretto a suo tempo: avevamo promesso di non dividerci. Non è successo. Da giovane credevo che ognuno fosse arbitro del proprio destino. Invece ho scoperto che c’è gente che decide per te: la chiamano politica». A suo modo provò a ribellarsi: al Mondiale 1990, vinto, strappò il vessillo croato di un sostenitor­e. «Non era un atto politico: volevo solo dirgli che non aveva capito nulla e che stava sbagliando tutto».

Tanti cestofili si sono chiesti se la Jugoslavia avrebbe mai battuto il Dream Team Usa. Divac ha un’idea chiara: «Quello dei Giochi 2000 l’avremmo sconfitto. Invece il primo, quello di Barcellona ‘92, sarebbe stato fuori portata. Ma saremmo rimasti in partita più a lungo di quanto abbia fatto la Croazia». Pure questo è uno snodo interessan­te del discorso. Innanzitut­to c’è una Serbia che pare aver rialzato la testa dopo un periodo opaco: seconda al Mondiale 2014 e quarta all’Europeo 2015, un piazzament­o quest’ultimo un po’ deludente ma nel quale Vlade legge indizi positivi: «Sono tifoso del mio ex compagno di squadra Djordjevic e del suo metodo: la base dei giocatori è buona, siamo pronti per tornare a vincere». L’altro aspetto interessan­te è la comparazio­ne tra il basket slavo (in senso lato) e quello dei profession­isti. Divac ha visto le due facce della medaglia, mentre uno degli storici allenatori «plavi», Bogdan Tanjevic (che ha pure la cittadinan­za italiana e che è stato un c.t. vincente della nostra nazionale, non scordiamol­o), sostiene da sempre il primato della pallacanes­tro europea rispetto a quella americana. Ecco le sue battute di riferiment­o: Dejan Bodiroga era meglio di Magic Johnson; la Nba sul piano del gioco ha poco da insegnare a noi e molto da imparare. Forse è troppo: «Boscia è fatto così — Vlade ride —: ma per quanto fosse forte, Bodiroga non era superiore a Magic; e il basket Usa non può essere dietro a quello europeo».

Nostalgie jugoslave La Jugoslavia unita avrebbe battuto il Dream Team dei Giochi 2000, ma non quello del 1992

Si arriva al classico (e impossibil­e) gioco da bar. Secondo Divac, grande giocatore anche se non ha mai vinto il titolo Nba, chi sono i tre « top players»? «Jordan, Magic e LeBron James, nell’ordine, pensando alla Nba; Sabonis, Kukoc e Petrovic guardando all’Europa. Ma Drazen sarebbe diventato il più forte di tutti noi slavi». Il film sottolinea pure questo: «Il giornalist­a Enrico Campana aveva battezzato Petrovic il Mozart dei canestri: soprannome perfetto. Quando ho girato il documentar­io, sono stato colto dalla rabbia e dal dispiacere che Drazen si sia chiuso in se stesso: all’inizio ci sentivamo e ci aiutavamo, la Nba non è stata facile per nessuno dei due. Anche lui ce la stava facendo: ripeto, sarebbe diventato il migliore di noi. Così è stato giusto lasciare una testimonia­nza per i giovani di oggi: ho rivisto con affetto la madre e suo fratello Aza, mi sono commosso depositand­o i fiori al cimitero. L’amicizia, in fondo, non è mai morta».

Il tempo, si sa, lava. E se oggi ci fosse un remake del documentar­io, il titolo, come detto, cambierebb­e: «Brothers again: va bene?». Altro che, Vlade.

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Fuoriclass­e Vlade Divac e Drazen Petrovic ai tempi della Jugoslavia unita

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