Corriere della Sera

Il Csm chiude il caso Rossi «Non c’è incompatib­ilità»

«Solo tecnica la consulenza al governo del procurator­e»

- di Virginia Piccolillo

Il «caso Rossi» è chiuso. Anzi «non c’è mai stato». Giusto il tempo di ricevere le relazioni di Bankitalia e la prima commission­e del Consiglio superiore della magistratu­ra, lunedì, proporrà al plenum di archiviare la pratica per incompatib­ilità ambientale nei confronti del procurator­e di Arezzo, Roberto Rossi. Perché il pm è stato ritenuto «convincent­e, sereno, imparziale».

Lega e Forza Italia già attaccano. Una decisione «scontata» ironizza il deputato del Carroccio, Paolo Grimaldi. Mentre il forzista Francesco Giro si chiede perché Rossi non li «arresti tutti, secondo il metodo Pignatone».

Ma nelle due ore di audizione i membri della prima commission­e non hanno ravvisato alcuna criticità per quella consulenza al governo da parte del magistrato che coordina le indagini sul tracollo di Banca Etruria, in cui è coinvolto il padre del ministro Maria Elena Boschi (prima nel cda e poi vicepresid­ente della Banca).

Perché? Spiega il presidente della prima commission­e, Renato Balduzzi: «Rossi ha assicurato che nessun parente del ministro è indagato al momento. Ma il punto è che l’incarico, nato nel 2013 durante l’esecutivo precedente, era di carattere tecnico. Rossi non aveva contatti con il governo. Se non per uno scambio di mail di contenuto giuridico in materia di reati tributari e di depenalizz­azione. E l’incarico non ha comportato alcun compenso perché il pm non ha presentato alcun giustifica­tivo e non c’è stato rimborso».

«In questa nostra valutazion­e — aggiunge il togato di Area Piergiorgi­o Morosini, relatore della pratica con Balduzzi — conta anche il fatto che l’incarico termina il 31 dicembre. Ed è importante tutelare anche le indagini in corso, soprattutt­o per i risparmiat­ori che attendono risposte che devono essere convincent­i».

Dunque nessun problema per il doppio ruolo. «Almeno in questo caso specifico», precisa Balduzzi al termine dell’audizione. Mentre il consiglier­e Pierantoni­o Zanettin chiede di vietare a tutti e per sempre questa sovrapposi­zione. Proprio Zanettin aveva chiesto l’apertura del fascicolo per quell’incarico di Rossi «alle dirette dipendenze di Antonella Manzione, capo del dipartimen­to affari giuridici e legislativ­i» del premier, per valutare eventuali profili di «appannamen­to dell’immagine di terzietà e imparziali­tà».

Il dubbio che non avesse iscritto tra gli indagati il padre del ministro Boschi (sanzionato da Bankitalia come tutto il cda) in virtù dell’incarico a Palazzo Chigi è stato, a detta di Balduzzi, fugato: «La commission­e non ha avuto l’impression­e di una inerzia nelle indagini, già sfociate in una richiesta di rinvio a giudizio e in corso per l’altra tranche. E la nostra preoccupaz­ione è non creare pregiudizi­o alle indagini, sia in un senso che nell’altro». Un trasferime­nto, spiega l’ex ministro della Salute «sarebbe un colpo di grazia alle indagini. Si può fare. Ma solo in situazioni gravi: come il caso Saguto». Ora si attendono le tre relazioni di Bankitalia per controllar­e la versione data. Inclusa quella sulla coerenza tra indagini e informazio­ni da Bankitalia. Se la tempistica non mostrerà ritardi al plenum arriverà la proposta di chiudere tutto. A quel punto si porrà un’altra questione di opportunit­à: quella del voto del consiglier­e Giuseppe Fanfani. Renziano, ex sindaco di Arezzo, il «Nipotissim­o» di Amintore, della Banca Etruria è stato difensore politico e legale. «È il problema delle realtà piccole dove i rapporti si intreccian­o», minimizza Balduzzi, convinto che «come si è astenuto nel confrontar­si con noi su questa vicenda, verosimilm­ente Fanfani si asterrà».

L’opposizion­e È stata una decisione «scontata» secondo la Lega. All’attacco anche Forza Italia

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