Pronto il ricorso all’Europa su Tercas Ma la vera partita è sulla «bad bank»
La missione del premier da Juncker e Merkel. Il nodo dei 200 miliardi di crediti dubbi
Stabilità e deficit Il responso Ue arriverà in primavera, a breve distanza dalle elezioni amministrative
Il contenzioso tra l’Italia e l’Europa, esploso dopo il caso dei quattro istituti di credito salvati dal governo, non è destinato a chiudersi a breve termine.
In queste ore l’esecutivo guidato da Matteo Renzi sta valutando molto seriamente di ricorrere alla Corte di giustizia contro la Commissione Ue. Per un caso specifico, certo, ossia per la bocciatura dell’operazione di salvataggio di Tercas, perché solo su questo c’è stato un atto formale della Commissione(al contrario di quel che è avvenuto per le altre banche), ma la valenza simbolica di una simile decisione è evidente. Sarebbe la prima battaglia di una guerra che l’Italia ha tutta l’intenzione di intraprendere. Indicativa, in questo senso, una frase che Matteo Renzi ama ripetere spesso in questo periodo: «Ci aspettiamo che i comportamenti della Ue nei nostri confronti cambino, perché vogliamo e meritiamo rispetto».
Il ministero dell’Economia sta spingendo fortemente per intraprendere la strada del ricorso. Pier Carlo Padoan, solitamente molto misurato e propenso alla mediazione con l’Europa, questa volta sembra aver imboccato la strada del confronto duro con la Ue a guida tedesca, come si evinceva già qualche giorno fa dalle parole affidate al Foglio: «In questi mesi i costi delle scelte europee per il nostro Paese stanno superando i benefici».
Dunque, il governo sembra essere compatto su questa strategia e tra il presidente del Consiglio e il «suo» ministro dell’Economia c’è grande sintonia sulla linea della fermezza. Del resto, non potrebbe essere altrimenti, visto che, al di là del caso Tercas e di quello degli altri quattro istituti di credito salvati dall’esecutivo Renzi, c’è un problema ben più grosso che affligge il governo. È quello dei 200 miliardi di crediti deteriorati in possesso delle banche italiane. Renzi e Padoan avevano pensato di risolvere la questione costituendo una «bad bank», ma i nuovi vincoli europei impediscono questa operazione. E adesso l’esecutivo è in ansia per le banche in sofferenza.
Con l’istituzione di una «bad bank», invece, gli istituti di credito avrebbero una boccata di ossigeno e potrebbero riprendere a fare prestiti ai privati e alle imprese con maggiore tranquillità. Il che, secondo Renzi, aiuterebbe la ripresa italiana. È ovvio, quindi, che il premier abbia mal digerito i rigidi vincoli imposti dall’Europa (e voluti dalla Germania) e adesso mediti di passare al contrattacco con un pressing molto determinato sia nei confronti del presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker che della cancelliera tedesca Angela Merkel. Non è quindi un caso che Renzi abbia in programma due incontri con entrambi per perorare non solo la causa dell’Italia ma anche quella dell’«Europa della crescita». Una missione diplomatica, quella che si prefigge il premier, tutt’altro che facile.
Un altro capitolo delicato riguarda la decisone del governo italiano, che pare Bruxelles non abbia affatto visto di buon occhio, di fare uno strappo non autorizzato sul deficit nella legge di Stabilità. Se la Commissione europea decidesse di bocciare questa mossa per il governo sorgerebbero notevoli problemi. Anche perché il responso della Ue arriverà in primavera, cioè a breve distanza da una tornata di elezioni amministrative particolarmente delicata per Renzi, benché il premier, com’è nel suo
stile, si mostri abbastanza ottimista. Bruxelles potrebbe stabilire di aprire una procedura per deficit nei confronti dell’Italia, anche perché il debito non accenna a scendere e questo rende la nostra posizione molto delicata. Renzi, naturalmente, vuole evitare che si arrivi fino a questo punto e perciò ha deciso di giocare d’anticipo. Il premier ha già fatto sapere che lo strappo sul deficit «non è il frutto di una legge di Stabilità piena di mance elettorali, ma di misure necessarie per attuare le riforme e far partire la ripresa». Il presidente del Consiglio, però, dovrà convincere di questo un’Europa che, in questi ultimi tempi soprattutto, non appare disposta a essere molto generosa nei nostri confronti.