Se le festività spengono i veri ragionamenti
Nei periodi di festa si chiudono i teatri e la televisione cancella i programmi impegnati. Niente pensieri molesti: solo giochi, cori e ricette. Perfino le librerie mettono in vetrina libri strenna e illustrazioni per bambini. Come se la mente, avendo troppo riflettuto, dovesse prendersi un periodo di riposo. Ma veramente siamo stanchi perché abbiamo troppo riflettuto, oppure siamo stanchi perché abbiamo fatto tremila cose correndo; abbiamo perso tempo ed energia mancando l’appuntamento con la riflessione? Proprio quando stiamo per entrare in una guerra nuova , che può cambiare il futuro del mondo, proprio quando dovremmo discutere sui problemi di identità e sui rapporti fra le culture, possiamo prenderci il lusso di fermare ogni riflessione pubblica in nome di una pausa rigenerativa? Il teatro per esempio, ha una funzione insostituibile: in un mondo della comunicazione virtuale, lo spettacolo dal vivo, ha un compito importantissimo: permettere alla gente di incontrarsi in uno stesso spazio e in uno stesso tempo, permettere di guardarsi, ascoltarsi, esprimere consenso o disapprovazione. Nella comunicazione virtuale non c’è mai vero incontro: al di qua dello schermo siamo in molti, ma al di là non c’è nessuno. L’incontro è simulato. Il pubblico non può influire sull’andamento dell’azione, degli attori, dello spettacolo. Anche quando è contento, non può applaudire, perché il consenso non raggiungerebbe gli attori. Mentre in teatro la dialettica parte immediatamente e crea conflitto, emozioni, oppure disappunto, rabbia, critica. Ma tutto avviene lì, fra due fronti che si sfidano. Inoltre il teatro interviene sui grandi cambiamenti del linguaggio di un Paese. Il palcoscenico è il luogo in cui il linguaggio scritto diventa orale. La letteratura si confronta col corpo e la voce degli attori, rendendo esemplare il loro parlato. Anche solo per una di queste ragioni, varrebbe la pena di tenere aperti i teatri con gli spettacoli più impegnativi, che creino emozioni etiche e non solo consolazioni caramellose o risate facili. E la televisione, che ha la comodità di non costare e di farti rimanere a casa, in pantofole, dovrebbe intensificare le occasioni di ragionamento, di educazione alla cittadinanza, alla diversità, non nascondersi dietro una falsa idea di intrattenimento che non intrattiene, ma solo rassicura.