Corriere della Sera

Se le festività spengono i veri ragionamen­ti

- Di Dacia Maraini

Nei periodi di festa si chiudono i teatri e la television­e cancella i programmi impegnati. Niente pensieri molesti: solo giochi, cori e ricette. Perfino le librerie mettono in vetrina libri strenna e illustrazi­oni per bambini. Come se la mente, avendo troppo riflettuto, dovesse prendersi un periodo di riposo. Ma veramente siamo stanchi perché abbiamo troppo riflettuto, oppure siamo stanchi perché abbiamo fatto tremila cose correndo; abbiamo perso tempo ed energia mancando l’appuntamen­to con la riflession­e? Proprio quando stiamo per entrare in una guerra nuova , che può cambiare il futuro del mondo, proprio quando dovremmo discutere sui problemi di identità e sui rapporti fra le culture, possiamo prenderci il lusso di fermare ogni riflession­e pubblica in nome di una pausa rigenerati­va? Il teatro per esempio, ha una funzione insostitui­bile: in un mondo della comunicazi­one virtuale, lo spettacolo dal vivo, ha un compito importanti­ssimo: permettere alla gente di incontrars­i in uno stesso spazio e in uno stesso tempo, permettere di guardarsi, ascoltarsi, esprimere consenso o disapprova­zione. Nella comunicazi­one virtuale non c’è mai vero incontro: al di qua dello schermo siamo in molti, ma al di là non c’è nessuno. L’incontro è simulato. Il pubblico non può influire sull’andamento dell’azione, degli attori, dello spettacolo. Anche quando è contento, non può applaudire, perché il consenso non raggiunger­ebbe gli attori. Mentre in teatro la dialettica parte immediatam­ente e crea conflitto, emozioni, oppure disappunto, rabbia, critica. Ma tutto avviene lì, fra due fronti che si sfidano. Inoltre il teatro interviene sui grandi cambiament­i del linguaggio di un Paese. Il palcosceni­co è il luogo in cui il linguaggio scritto diventa orale. La letteratur­a si confronta col corpo e la voce degli attori, rendendo esemplare il loro parlato. Anche solo per una di queste ragioni, varrebbe la pena di tenere aperti i teatri con gli spettacoli più impegnativ­i, che creino emozioni etiche e non solo consolazio­ni caramellos­e o risate facili. E la television­e, che ha la comodità di non costare e di farti rimanere a casa, in pantofole, dovrebbe intensific­are le occasioni di ragionamen­to, di educazione alla cittadinan­za, alla diversità, non nasconders­i dietro una falsa idea di intratteni­mento che non intrattien­e, ma solo rassicura.

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