«Quando mi sono candidato alla guida della Lega di serie A sono stato fermato più dal pensiero debole che dai poteri forti»
condivide nulla. Lui a guardare il mondo da lassù con malcelato disgusto, pronto a cambiare modulo ma mai carattere e metodi, l’altro a distribuire sorrisi e battute negli spogliatoi. Spigoli contro carezze. Alla fine si annullano, e il pari serve solo a far gonfiare il petto a Van Gaal e forse a rimandare la firma del divorzio. Lo United con il ritorno di Schweinsteiger in mezzo e Rooney davanti è un’altra squadra rispetto a quella molle umiliata 48 ore prima dal piccolo Stoke.
Ai punti avrebbe meritato la vittoria — una traversa di Mata e un palo di Martial, due episodi dubbi in area di rigore — ma deve ringraziare De Gea, per almeno tre miracoli e Matic che spreca un contropiede d’oro. Tutto qui? No, dall’altra parte si supera Courtois e alla fine i migliori in campo sono i due portieri. Per il Chelesa del traghettatore Hiddink è il secondo pareggio consecutivo.
frodi sportive e altri gravi peccati.
«Abbiamo vinto questa partita, attenti a combattere tutti i fattori di rischio, a prevenire eventuali truffe, a creare la giusta responsabilità per evitare crisi finanziarie e illeciti amministrativi. La lotta alle frodi sportive è un nostro impegno costante».
Secondo lei di che cosa ha bisogno il calcio italiano?
«Non è mia intenzione salire in cattedra, sarebbe presuntuoso da parte mia...».
D’accordo, ma parlava di «patto» alla base della riforma del calcio italiano. Cosa intende?
«Bisogna prima fare chiarezza all’interno delle rispettive Leghe e cercare poi con forza il bene comune per il calcio italiano. A volte si ha la sensazione che si cerchi tutt’altro, che si creino concorrenze e rivalità che vanno al di là anche del buon senso. Il concetto di interesse comune pare non esistere».
Da troppo tempo si parla di riforma del campionato di serie A, e non solo di questa.
«Doveroso parlarne, altrettanto farlo. Ma il modo giusto è creare un “masterplan” (traduzione: un piano strategico) che contempli tutti i valori, strutturali, economici, ambientali, gli interessi generali delle Leghe, dei club, la crescita tecnica, gli aspetti normativi. Questi e altri ancora sono i caposaldi del grande patto. Invece troppo spesso ci si ferma a discutere del numero delle squadre, delle promozioni, delle retrocessioni. No, è il sistema da riformare».
Fiducioso? E se il suo «patto» si scontra con la realtà fatta di interessi, piccoli o grandi, divisioni, litigi, quote economiche?
«Credo sia inevitabile arrivarci superando resistenze e barriere».
Chi sono i più resistenti?
«Gli interpreti di una cultura vecchia, che arriva da lontano. Pericolose quelle componenti che sono più centrali di potere che non laboratori e luoghi del poter fare».
Capitolo diritti tv. Non si è diventati schiavi di questa fonte di denaro? Usandola per giunta male.
«Non è un problema della serie B, i diritti tv non sono mai stati la nostra condizione prioritaria. Credo che con l’esclusiva a Sky si sia raggiunto un risultato importante. Sono soddisfatto».
Tempi duri per Infront?
«Non intendo entrare in questa vicenda, pur considerando Infront un’azienda molto seria...».
Va bene, va bene. Ma come si amministra una risorsa economica così importante come quella dei diritti tv.
«L’advisor deve essere un consigliere, lo dice il termine stesso, un compagno di viaggio. Prima, volevo solo dire che il risultato economico parla a favore di Infront».
Sì, ma la realtà è quella di una Lega di serie A e società che si sono consegnate a Infront. Quasi un «abbraccio mortale».
«Ribadisco che non è il caso della serie B».
Lei è più per un abbraccio tra Leghe per la riforma e la salvezza del calcio italiano.
«Per troppo tempo ci siamo guardati allo specchio dicendo a noi stessi quanto fossimo bravi. Si è perso il tempo. È arrivata l’ora, invece di lavorare insieme». La serie B batte un colpo. La Lega serie A, Beretta, risponda. Magari anche la Lega Pro. «Perché così non si può andare avanti», pensa e sostiene il prudente Abodi.
Pensieri deboli Interesse A volte ho l’impressione che si cerchi la divisione, che si voglia creare concorrenza tra le parti che vanno al di là del buon senso L’interesse comune pare non esistere