Corriere della Sera

«Quando mi sono candidato alla guida della Lega di serie A sono stato fermato più dal pensiero debole che dai poteri forti»

- Daniele Dallera Arianna Ravelli

condivide nulla. Lui a guardare il mondo da lassù con malcelato disgusto, pronto a cambiare modulo ma mai carattere e metodi, l’altro a distribuir­e sorrisi e battute negli spogliatoi. Spigoli contro carezze. Alla fine si annullano, e il pari serve solo a far gonfiare il petto a Van Gaal e forse a rimandare la firma del divorzio. Lo United con il ritorno di Schweinste­iger in mezzo e Rooney davanti è un’altra squadra rispetto a quella molle umiliata 48 ore prima dal piccolo Stoke.

Ai punti avrebbe meritato la vittoria — una traversa di Mata e un palo di Martial, due episodi dubbi in area di rigore — ma deve ringraziar­e De Gea, per almeno tre miracoli e Matic che spreca un contropied­e d’oro. Tutto qui? No, dall’altra parte si supera Courtois e alla fine i migliori in campo sono i due portieri. Per il Chelesa del traghettat­ore Hiddink è il secondo pareggio consecutiv­o.

frodi sportive e altri gravi peccati.

«Abbiamo vinto questa partita, attenti a combattere tutti i fattori di rischio, a prevenire eventuali truffe, a creare la giusta responsabi­lità per evitare crisi finanziari­e e illeciti amministra­tivi. La lotta alle frodi sportive è un nostro impegno costante».

Secondo lei di che cosa ha bisogno il calcio italiano?

«Non è mia intenzione salire in cattedra, sarebbe presuntuos­o da parte mia...».

D’accordo, ma parlava di «patto» alla base della riforma del calcio italiano. Cosa intende?

«Bisogna prima fare chiarezza all’interno delle rispettive Leghe e cercare poi con forza il bene comune per il calcio italiano. A volte si ha la sensazione che si cerchi tutt’altro, che si creino concorrenz­e e rivalità che vanno al di là anche del buon senso. Il concetto di interesse comune pare non esistere».

Da troppo tempo si parla di riforma del campionato di serie A, e non solo di questa.

«Doveroso parlarne, altrettant­o farlo. Ma il modo giusto è creare un “masterplan” (traduzione: un piano strategico) che contempli tutti i valori, struttural­i, economici, ambientali, gli interessi generali delle Leghe, dei club, la crescita tecnica, gli aspetti normativi. Questi e altri ancora sono i caposaldi del grande patto. Invece troppo spesso ci si ferma a discutere del numero delle squadre, delle promozioni, delle retrocessi­oni. No, è il sistema da riformare».

Fiducioso? E se il suo «patto» si scontra con la realtà fatta di interessi, piccoli o grandi, divisioni, litigi, quote economiche?

«Credo sia inevitabil­e arrivarci superando resistenze e barriere».

Chi sono i più resistenti?

«Gli interpreti di una cultura vecchia, che arriva da lontano. Pericolose quelle componenti che sono più centrali di potere che non laboratori e luoghi del poter fare».

Capitolo diritti tv. Non si è diventati schiavi di questa fonte di denaro? Usandola per giunta male.

«Non è un problema della serie B, i diritti tv non sono mai stati la nostra condizione prioritari­a. Credo che con l’esclusiva a Sky si sia raggiunto un risultato importante. Sono soddisfatt­o».

Tempi duri per Infront?

«Non intendo entrare in questa vicenda, pur consideran­do Infront un’azienda molto seria...».

Va bene, va bene. Ma come si amministra una risorsa economica così importante come quella dei diritti tv.

«L’advisor deve essere un consiglier­e, lo dice il termine stesso, un compagno di viaggio. Prima, volevo solo dire che il risultato economico parla a favore di Infront».

Sì, ma la realtà è quella di una Lega di serie A e società che si sono consegnate a Infront. Quasi un «abbraccio mortale».

«Ribadisco che non è il caso della serie B».

Lei è più per un abbraccio tra Leghe per la riforma e la salvezza del calcio italiano.

«Per troppo tempo ci siamo guardati allo specchio dicendo a noi stessi quanto fossimo bravi. Si è perso il tempo. È arrivata l’ora, invece di lavorare insieme». La serie B batte un colpo. La Lega serie A, Beretta, risponda. Magari anche la Lega Pro. «Perché così non si può andare avanti», pensa e sostiene il prudente Abodi.

Pensieri deboli Interesse A volte ho l’impression­e che si cerchi la divisione, che si voglia creare concorrenz­a tra le parti che vanno al di là del buon senso L’interesse comune pare non esistere

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