Un’ode a Parigi, la città ferita dove è possibile l’impossibile
Più istinto benefico che resistenza. Come raccontano i Renoir
di per sé privo di senso come tutti gli slogan, ma perché Parigi è il simbolo non tanto di un modo di vivere, ma delle cose stesse in base alle quali consideriamo la vita degna di essere vissuta. Il fatto è che Parigi è stata per secoli interi, almeno a partire dal Settecento, una specie di incubatrice. Ha generato un numero incalcolabile di idee, eresie, narrazioni inaudite del mondo. Ma forse non è questo, esattamente, il punto. A ben vedere, questa prolificità non appartiene solo a lei, ma è la prerogativa di tutte le grandi città. Ciò che invece fa parte inconfondibilmente della storia di Parigi, e possiede ancora oggi un valore inestimabile, è una particolare maniera in cui il nuovo (artistico, filosofico, politico) pianta i suoi semi in un terreno ostile o indifferente, si fortifica, e finisce per affermarsi. Senza parole Alcuni giovani osservano un minuto di silenzio nella piazza del Trocadero per rendere omaggio alle 130 vittime degli attacchi multipli di Parigi. La strage del 13 novembre ha ferito il cuore dell’Europa (Afp/Kenzo Tribouillard) Proprio in questi giorni, grazie a una opportunissima ristampa, ho letto un libro meraviglioso, che mi ha insegnato molte cose illuminanti su questo argomento. Si intitola «Renoir, mio padre», e lo ha scritto Jean Renoir, che oltre ad essere stato uno dei più geniali registi della storia del cinema, era anche figlio di Pierre-Auguste Renoir. Scritta in maniera mirabile, quest’opera contiene molto più di una serie di aneddoti interessanti sull’Impressionismo. È il ritratto di un grand’uomo, umile quanto incrollabile nelle sue convinzioni, ma anche l’evocazione di una città e di un modo di vivere unici al mondo. Ma soprattutto, è il resoconto avvincente di un modo di interpretare il mondo che all’inizio è accolto dal dileggio e scambiato per una forma di pazzia, e alla fine trionfa nutrendosi della stessa incomprensione che lo ha accolto.
Anche la moda, che troppo frettolosamente e sdegnosamente consideriamo un veicolo deteriore del successo, gioca un ruolo positivo in questa storia, che può appassionare anche un lettore del tutto indifferente alla storia dell’arte. Renoir, Monet, Degas
Destino