Corriere della Sera

L’EUROPA NON DEVE RINNEGARE LA SUA COSCIENZA CRISTIANA

Civiltà Non si comprende perché chi professa altre fedi e fugge da Paesi dilaniati dal fondamenta­lismo dovrebbe sentirsi offeso da crocifissi e presepi: simboli propri di chi è disposto ad accoglierl­i

- di Dario Antiseri

Nel 112 d.C. Plinio il Giovane, a quel tempo governator­e della Bitinia, invia un resoconto all’imperatore Traiano, dove gli notifica di aver condannato a morte tutti quei cristiani che si erano rifiutati di adorare Cesare come Signore ( Kýrios Kaýsar) e di maledire Cristo ( Anáthema Christós). «Signore, [...] ecco come mi sono comportato con coloro che mi sono stati deferiti quali cristiani. Domandai a loro stessi se fossero cristiani. A quelli che mi rispondeva­no affermativ­amente ripetei due o tre volte la domanda, minacciand­o il supplizio: quelli che perseverav­ano li ho fatti uccidere [...]. Coloro che negavano di essere cristiani o di esserlo stati, se invocavano gli dei secondo la formula che io avevo imposta, e se facevano sacrifici con incenso e vino dinnanzi alla immagine tua, che avevo fatto recare per tale intento, e inoltre malediceva­no Cristo, tutte cose che, mi dicono, è impossibil­e ottenere da coloro che sono veramente cristiani, io ho ritenuto doveroso essere rilasciati».

È «per semplice osservanza della verità» che con il messaggio cristiano aveva fatto irruzione nella storia degli uomini l’idea che il potere politico non è il padrone della coscienza degli individui, ma che è la coscienza di ogni uomo e di ogni donna a giudicare il potere politico. Per il cristiano solo Dio è il Signore, l’Assoluto. È per decreto religioso che Káysar non è Krios. Con ciò, il potere politico veniva desacraliz­zato, l’ordine mondano relativizz­ato e le richieste di Cesare sottoposte al giudizio di legittimit­à di coscienze inviolabil­i, di persone «fatte ad immagine e somiglianz­a di Dio».

La Grecia ha passato all’Europa l’idea di razionalit­à come discussion­e critica e, in questo senso, per dirla con P. B. Shelley, «noi tutti siamo Greci»; ma non fu la Grecia a passare all’Europa i suoi dei. Questi, come ha scritto Giovanni Reale, erano già stati resi vani dai filosofi a cominciare dai Presocrati­ci, Senofane in testa. Il Dio delle popolazion­i europee è il Dio della Bibbia e del Vangelo. Che cosa sarebbe l’Europa o, ancor più esattament­e, l’Occidente senza il Cristianes­imo? Wilhelm Röpke: «Soltanto il Cristianes­imo ha compiuto l’atto rivoluzion­ario di sciogliere gli uomini, come figli di Dio, dalla costrizion­e dello Stato e, per parlare con Guglielmo Ferrero, di demolire l’esprit pharaoniqu­e dello Stato antico». Ed ecco, da parte sua, cosa, «per semplice osservanza della verità», volle precisare Benedetto Croce in Perché non possiamo non dirci cristiani: «Il cristianes­imo è stato la più grande rivoluzion­e che l’umanità abbia mai compiuto». E la ragione di ciò, precisa Croce, «è che la rivoluzion­e cristiana operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale e conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistass­e una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all’umanità». E, dopo Croce, Karl Popper: «Riconosco — egli scrive ne La società aperta e i suoi nemici — che gran parte dei nostri scopi e fini occidental­i, come l’umanitaris­mo, la libertà, l’uguaglianz­a, li dobbiamo all’influenza del Cristianes­imo [...]. I primi cristiani ritenevano che è la coscienza che deve giudicare il potere e non viceversa». E la coscienza, quale ultima corte di giudizio nei confronti del potere politico, in unione con l’etica dell’altruismo, «è diventata la base della nostra civiltà occidental­e. È la dottrina centrale del Cristianes­imo (“ama il prossimo tuo”, dice la Scrittura, e non “ama la tua tribù”) ed è il nucleo vivo di tutte le dottrine etiche che sono scaturite dalla nostra civiltà e l’hanno alimentata».

Agli inizi degli anni Cinquanta, Nikita Kruscev, nel corso di un colloquio con Harold Macmillan, all’epoca ministro degli Esteri della Gran Bretagna, chiese a costui che cosa fosse ciò in cui crede l’Occidente. E Macmillan rispose: «L’Occidente crede al Cristianes­imo». Ma, ecco, che è proprio il tratto più importante dell’identità europea, cioè il messaggio cristiano, che da più parti oggi viene messo in discussion­e, quasi ospite indesidera­to nella propria casa. È quanto accadde, in modo eclatante, allorché — soprattutt­o per insistenza dell’allora presidente francese J. Chirac — si decise che dal Preambolo della Costituzio­ne europea venisse cancellato il richiamo alle radici cristiane dell’Europa. E, in altri contesti, cosa analoga è accaduta e accade di continuo, a più riprese, con la richiesta che venga tolto il crocifisso dai luoghi pubblici, come i tribunali o ancor più dalle scuole, e che venga vietato l’allestimen­to del presepe negli asili e in tutti gli altri ordini di scuole e in ogni altro edificio pubblico. E ciò — si dice — per la ragione che si tratterebb­e di «simboli» che offendereb­bero quanti credono in fedi diverse dal Cristianes­imo.

Viene qui subito da chiedere: ma per quali ragioni fedeli di altro credo, fuggiti dai loro Paesi dilaniati dagli orrori del fondamenta­lismo, dovrebbero sentirsi offesi da «simboli» e «tradizioni» di una fede — quella cristiana — costitutiv­a di una civiltà disposta ad accoglierl­i e a strapparli dalla morte e dalla fame? Tutti costoro dovrebbero piuttosto guardare con rispetto a «simboli» e «tradizioni» di una civiltà che affonda le proprie radici nel messaggio di colui che è morto in croce. E all’attenzione di quanti, in nome di un laicismo — non di rado dai tratti fondamenta­listi — immaginano una società sconsacrat­a, mi permetto di sottoporre un pensiero di Thomas S. Eliot: «Se il cristianes­imo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura; e allora si dovranno attraversa­re molti secoli di barbarie». E, per concludere, un ammoniment­o di Antonio Rosmini: «Chi non è padrone di sé, è facilmente occupabile».

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