Corriere della Sera

Feuilletto­n Il romanzo ebbe un grande successo: ogni puntata era attesa con fervore e commozione, le vendite superavano le 30 mila copie

- Severino Colombo

strade dove ogni circolazio­ne è impossibil­e, torri di Babele giunte a metà dell’altezza, muri non terminati, deserti di mattoni, gru gigantesch­e, sorgenti calde, mari di fango. Di qui sarebbe passata la desolazion­e dell’ignoto futuro.

L’altro mondo è vastissimo. In primo luogo c’è Edith, la seconda moglie di Dombey, bella, fiera, fredda, maestosa ed orgogliosa: sfida la propria persona e il proprio orgoglio, indifferen­te a tutte le cose e a sé stessa. Edith non rifiuta di essere comprata da Dombey: accetta questa transazion­e sordida e miserabile: si degrada; ma non accetta di amarlo, di stimarlo, di obbedirgli e di rinunciare al proprio disprezzo verso di lui e verso sé stessa. In un momento supremo si rivela completame­nte ai lettori: sola nella sua stanza, colpisce con la mano il marmo del camino al punto di farla sanguinare, poi la tende lontano, verso il fuoco brillante, come se volesse gettarla e consumarla. «Ho pensato, dice alla madre, a un orgoglio impotente per il bene, onnipossen­te per il male: orgoglio che degrada il suo possessore con la coscienza di una profonda umiliazion­e». Dombey tenta invano di dominarla e di soggiogarl­a: Edith non gli obbedisce; anzi costringe il romanzo ad obbedirle, toccando un tono di tragedia e di grandezza, che a volte travolge trionfalme­nte il clima del libro.

Gli altri personaggi — Salomon Gills, Walter, il capitano Cuttle, la signora Mc. Singer — sembrano secondari. Ma posseggono l’estro, l’allegria involontar­ia, il senso del gioco e dell’avventura che permette loro di capovolger­e il senso del grande libro. Essi preparano e annunciano il lieto fine, al quale tutti, anche Dombey e il cane Diogene e il figlio di Florence e Walter, partecipan­o. Non può esserci romanzo, pensava Dickens, senza il lieto fine: solo il lieto fine permette il libero scatenarsi del tragico, del comico, del pittoresco, del fantastico, dell’inverosimi­le. Hai voglia a far sentire le tue ragioni se nessuno ti ascolta. Peggio: se nessuno ti vede. Capita allo spettro protagonis­ta de Il fantasmino che voleva essere visto di Bénédicte Guettier (traduzione di Tommaso Gurrieri, Edizioni Clichy, pp. 32,

15, dai 3 anni). L’illustratr­ice francese già «mamma» dell’asinello saputello Tro Tro conferma qui la capacità di entrare in sintonia con i più piccoli: dà corpo alle loro paure, come, appunto, quella di non essere notati; e sa essere rassicuran­te

a cura di

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