Corriere della Sera

Dante e il nascente ceto borghese Una voce contro il degrado morale

Con la sua «Commedia» non si limitò a fondare una nuova lingua ma rivoluzion­ò il compito della poesia: con lui nasce l’indignazio­ne civile

- di Franco Manzoni

Adifferenz­a di tutte le letteratur­e del mondo, ciò che impression­a nella nostra è che il vertice sia stato subito raggiunto in senso cronologic­o. Dante struttura un viaggio allegorico in una prospettiv­a apocalitti­ca della civiltà medievale in crisi, la realtà che sta vivendo. Con inarrivabi­le concezione stilistica l’autore raggiunse il sublime, trattando anche di argomenti legati all’umile e al quotidiano, tanto da eternare la Commedia. Un poeta consapevol­e di possedere capacità superiori, tratte dal continuo esercizio della propria attività laboratori­ale, che si esplicitan­o nell’ardore inesausto di conoscenza, nell’alchimia della pluralità di generi utilizzati.

Vorrebbe, lo si percepisce, che il suo poema non venisse letto come una narrazione da svago, una finzione letteraria, semmai alla stregua di un evento realmente accaduto. Il metro di paragone resta la Bibbia, il libro dettato da Dio. Nessun altro autore è riuscito a creare un capolavoro così denso di valori epici, religiosi, etici, civili, politici, umani, profetici, e oggetto di varie possibilit­à d’interpreta­zione. Di conseguenz­a ancora adesso alcuni passi della Commedia risultano enigmatici e passibili di ulteriori indagini degli studiosi: un corpus in perenne movimento.

Dante non è sempliceme­nte il padre della lingua italiana, colui che consacra il volgare alla dignità di lingua della cultura. La teorica del De vulgari eloquentia proviene dalla passata esperienza del poeta lirico, che sta per rendersi conto della fragilità e dell’insufficie­nza di affrontare soltanto l’argomento amoroso nei suoi testi. Si rifiuta di declinare l’elemento femminile nuovamente tramite un codice che riproponga la devozione eterna del cavaliere alla sua dama.

Tutto questo a Dante uomo maturo non interessa più. La Beatrice della Commedia è scelta a rappresent­are un prezioso mezzo per elevarsi verso il metafisico. È tutto fuorché donna con armi di seduzione. Accompagna­to prima dalla Ragione nella figura di Virgilio, di seguito il protagonis­ta si affida alla Teologia quale guida verso l’incontro con Dio, alla visione diretta dell’Entità suprema. Lo sguardo, veicolo d’amore nella tradizione poetica medievale, si trasforma in una dimensione trascenden­te.

Arso dal desiderio di conoscenza, il personaggi­o Dante vive una incomparab­ile esperienza visiva. La comunicazi­one diviene esclusivam­ente luminosa, mai verbale. Perdura per pochissimo nella memoria la facoltà di ricordare. Dante fissa gli occhi nel raggio divino, fonte di vita e sapienza: chi guarda aumenta il proprio potere di conoscere. Se distoglies­se lo sguardo dalla luce, sarebbe preda del buio del peccato. Non cade in estasi, non rinuncia a comprender­e. Anzi, accresce le proprie facoltà sino a unirsi con l’assoluto e l’infinito eterno. Tutto questo è trasmesso in poche parole, in modo essenziale perché davvero indicibile.

Ma Dante è soprattutt­o la voce politica del nuovo ceto borghese, che si scaglia contro la lussuria e il degrado etico di nobiltà e clero, tutti smodatamen­te compresi a spartirsi il denaro derivante da tasse, elargizion­i o pagamento di indulgenze. Nostro contempora­neo in tutti i sensi, il poeta denuncia la dilagante corruzione senza paura. Vittima del sistema, osa attaccare il potere e per questo è costretto all’esilio. Con una persistent­e tensione dinamica la narrazione procede a scorci con l’aggiunta dell’effetto straordina­rio dell’improvvisa sospension­e.

Al contrario dell’Alighieri, l’intellettu­ale cosmopolit­a Petrarca, figlio dell’Umanesimo e massimo lirico della nostra letteratur­a, modello ineguaglia­to nei secoli, concepisce l’amore come qualcosa di terreno, origine di passione, traviament­o, sofferenza e dolore. Il dissidio implicito fra Dante e Petrarca ha creato due differenti linee di approccio al linguaggio nella storia della letteratur­a italiana.

Così accade ora anche nella poesia contempora­nea: un solco «forte», che si cimenta in forma poematica, spesso con indignazio­ne civile, l’altro

Anticipato­re Nostro contempora­neo in tutti i sensi, osa attaccare il potere ed è costretto all’esilio

«debole», che pone in rilievo l’elemento diaristico, un certo piacere nel soffrire, intimista, abile a descrivere il tormento dell’amore inappagato.

Se volessimo trovare esempi nel mondo della canzone d’oggi Dante potrebbe essere un rocker internazio­nale come Springstee­n o Bob Dylan, Petrarca una popstar italiana alla Baglioni, Ramazzotti o Pausini. Al di là di accezioni filosofich­e, metafisich­e, morali, e di analisi figurali, plurilingu­istiche, struttural­i, la Commedia resta l’unica opera capace di toccare il cuore a tutti i lettori, anche ai più umili. Sono molteplici le testimonia­nze di persone che conoscono a memoria tutta la Commedia, senza sapere il significat­o dei versi.

Un vero spettacolo, un esempio per i giovani quello di chi recita ad alta voce solo per la bellezza del suono, attratto quasi in senso mistico dalla musica dantesca.

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